Nella lettura di un numero di Cronaca Numismatica pubblicato venti anni fa, ho rinvenuto un articolo dedicato a un’opera di un artista salernitano, il professor Dino Vincenzo Patroni, originario di Bagnoli Irpino. L’opera in questione trattasi del medaglione commemorativo del martire risorgimentale Carlo Pisacane, che fu presentata dalla Libera Università di Sapri nel 2002, in commemorazione dei 145 anni della sua tragica morte, resa immortale con i versi della “Spigolatrice di Sapri” di Luigi Merchentini.
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!/Me ne andavo al mattino a spigolare,/ quando ho visto una barca in mezzo al mare:/era una barca che andava a vapore;/ e alzava una bandiera tricolore;/
Versi che nel sottoscritto fan riemergere il ricordo della mia maestra delle scuole elementari, negli anni 50, una giovanissima suora, paradossalmente innamorata degli atei “cattivi maestri” del Risorgimento italiano, Mazzini, Garibaldi, Pisacane. Dell’Eroe dei due Mondi mi volle regalare, nell’ultimo giorno di scuola, un poderoso libro sulla sua vita e sulla cui copertina sfoggiava una sfolgorante camicia rossa, mentre dello sfortunato Carlo Pisacane, volle che imparassimo tutti i versi della Spigolatrice di Sapri e comprendessimo a fondo il valore del suo sacrificio.
Purtroppo la mia e le successive generazioni per una sorta di rifiuto a tutto ciò che si riferiva alla storia nazionale, scelsero in seguito come icone, eroi di rivoluzioni di paesi a noi lontanissimi e tra essi a primeggiare, Che Guevara. Di quest’ultimo, il suo volto barbuto stampigliato su un’infinità di prodotti commerciali e non, ha accompagnato, e continua a farlo, le generazioni successive alla mia, mentre molti dei volti di coloro che caddero per l’indipendenza e l’unità nazionale italiana, sono dei perfetti sconosciuti.
Quindi come non apprezzare l’opera del professor Patroni, per aver ricordato un eroe meridionale del nostro Risorgimento e per di più campano? Un salvataggio concreto della memoria di quella generazione di meridionali, in primis il Pisacane, che si immolarono o soffrirono il carcere e/o l’esilio per scuotere i popoli del nostro SUD dal giogo feudale cui erano asserviti da secoli. Sacrifici negati e irrisi dal revisionismo neoborbonico che oggi, a braccetto con populismo e complottismo, riscrive la Storia, inquinando le menti delle nuove generazioni, per discreditare la stessa Costituzione figlia della Resistenza, Secondo Risorgimento nazionale. Carlo Pisacane, se pur dalle origini borghesi, in nome del riscatto delle masse meridionali, vagheggiava un’idea di una società socialista e libertaria in antitesi ad una protervia e centralistica struttura statale. Un disegno da perseguire per un Meridionale da incamminare autonomamente nel progresso sociale, affinché esso, come poi purtroppo accadde, non fosse asservito a logiche di sfruttamento e rapina da parte dei grandi poteri.
Nel luglio 1857 Pisacane decise con un pugno di altri eroi a sbarcare nel Salernitano per far scoppiare la rivoluzione tra coloro che purtroppo invece, per ignoranza e servaggio, aizzati da clero e nobiltà feudale gli diedero la caccia, credendo lui e i suoi compagni, dei briganti, concludendo così tragicamente la sua impresa. A 165 anni dalla sua morte il Meridione ha ancora bisogno di giovani eroi, di pazzi incoscienti che siano capaci di resistere alla voglia di fuggire via, emigrando, decisi a condurre la guerra quotidiana al clientelismo, al malaffare, alla devastazione dei territori per una società più umanamente giusta così come la intendeva Pisacane. Riporto alcuni passaggi significativi dell’articolo a firma del professor Giuseppe Colucci apparsi alle pp 55-56 della Cronaca Numismatica n 143 del luglio-agosto 2002
A Sapri l’ Università popolare della libera età ha presentato il medaglione che lo scultore Vincenzo Dino Patroni ha dedicato a Carlo Pisacane
“-…delineare nel bronzo la fisionomia di un personaggio e da questa far trasparire il suo carattere non è da tutti e solo la perfetta conoscenza dei contenuti emozionali dell’opera di Pisacane ha permesso la creazione di una medaglia (bronzo fuso uniface di 34,3 cm di diametro), un ritratto vivente di chi ha ancora qualcosa da dirci. E il Pisacane di Patroni ha qualcosa da dirci.
Di Pisacane è presentata la testa di 3/4 con una capigliatura “eroica” ed uno sguardo forte e fisso negli occhi di chi guarda e la bocca appena socchiusa come chi ha appena posto una domanda o una serie di domande, e aspetta la risposta, la nostra risposta.
Forse accennano un sorriso quelle labbra, non di scherno né di supponenza, ma quasi a sottolineare la difficoltà delle risposte. E lo sguardo è di chi è consapevole delle proprie ragioni ideali indipendentemente dal fallimento del momento, ed è consapevole che la sua azione è stato lievito 3 anni dopo portata a termine da Garibaldi. Già all’indomani della impresa del 1857, … iniziata a Genova ebbe il suo battesimo di sangue a Padula e a Sanza ed il suo epilogo dinanzi alla gran corte criminale di Salerno, furono diversi ed opposti i giudizi su essa: definita temeraria, …cervellotica …qualcuno parlò di dissennato capriccio pericoloso per la causa della libertà italiana. Ma tutti, ieri ed oggi, non hanno difficoltà ad ammettere che si sia trattato di una impresa quantomeno generosa per lo spirito di sacrificio di Pisacane e dei suoi più stretti collaboratori.
Patroni ha magistralmente modellato una medaglia per celebrare l’artefice di un avvenimento antico, ha usato uno stile chiaramente impressionistico, uno stile vicino all’epoca della “spedizione di Sapri”, ma il messaggio è decisamente moderno, attuale. Cosa vogliono quegli occhi fissi, cosa si aspettano da noi, cittadini di questa epoca, figli dei figli di quel 1857?
Forse vogliono una nostra dichiarazione d’amore: amore per gli ideali di giustizia e di libertà che mossero Pisacane, amore per la gente, per la nostra gente, anche per quella che in quel luglio non capì perché non poteva capire, perché non gli fu dato di capire. Ognuno fece quello che doveva fare; e il Pisacane che ci presenta Vincenzo Dino Patroni e ben consapevole di tutto ciò e appare quasi soddisfatto per quanto ancora oggi noi leggiamo del suo messaggio. II merito dell’artista consiste anche nell’essere riuscito attraverso la plasticità del modellato, a dare all’Eroe un linguaggio universale, che attraverso la medaglia rimarrà per sempre e a disposizione di tutti. Tutto ciò grazie ad un Patroni che nel suo Dna ha la conoscenza non solo del personaggio, del suo carattere, della sua cultura, del suo idealismo politico, ma anche del momento storico e del territorio in cui si è svolta la sua azione…”
Antonio Camuso – Archivio Storico Benedetto Petrone
(da Fuori dalla Rete, Ottobre 2022, anno XVI, n. 4)