Il commento all’articolo di Biagio Amico “Campania, terra di veleni”.
Caro Biagio,
Senza dubbio le tue parole toccano ognuno di noi. È evidente che la perdita di una persona cara soprattutto in circostanze vulnerabili rappresenta un evento tragico. Dio non esiste in questi attimi, scompare durante questi eventi tragici, scendo un velo, come il silenzio di Aushwitz. Dio non c’era e nessuno può negare questo vuoto. Lo testimoniano i nostri dolori umani, le nostre morti dovute alle malattie ineluttabili, la nostra deficienza completa nel comprendere le cause. Il nostro lavoro a volte devastato dagli insuccessi altre volte, ma fortunatamente sempre più spesso, rallegrato dalle sconfitte delle malattie tumorali. Molti oggi guariscono.
Nonostante ogni giorno vivo tra il buio e la luce, devo dire che l’unica speranza “tecnica” che trovo viva e riproducibile, anche se non comprensibile a tutti, è la ricerca contro il cancro. Ho consumato gran parte di me per questo e continuerò a farlo, perchè il disastro come quello che ha colpito te, non accada più. Quando non si sa. Probabilmente non basterà la mia vita. Proprio come quando i familiari di un paziente inguaribile mi chiedono supplicanti: ”Quando sarà la sua fine?”. Sempre ho risposto: “Nonlo so”. La fine di un uomo non trova ancora oggi spiegazioni scientificheemerite. Non sappiamo.
Sappiamo che ogni persona che muore per un tumore è un sacrificio di se stesso per una nuova speranza contro questa malattia. Il tuo coraggio e la tua lucidità nel descrivere tutto questo è notevole. Grazie Biagio per la tua testimonianza.
“Porto dentro di me la fossa comune di tutti i pazienti che ho perso” (Umberto Veronesi).
Giovanni Corso