L’uomo e la donna sono due esseri che hanno ben poco in comune. A detta della gente, essi per natura sarebbero più che complementari, opposti l’uno all’altra; e non solo fisiologicamente sono differenti. La diversità è ben accentuata, sia se esaminiamo il campo dei pregi, sia se volgiamo l’attenzione al terreno più complesso dei loro difetti umani. L’analisi delle uguaglianze e delle difformità tra la natura maschile e quella femminile risalta spiccatamente chiara e determinante dalla lettura del patrimonio paremiologico
Le uguaglianze tra marito e moglie
Identica la metafora adoperata nel detto popolare per condannare sia l’uomo celibe sia la donna nubile: L’ommunu senza femmena– oppure- la femmena senza ommunu- è na chianta senza sciuri (l’uomo che non ha una donna a fianco e la femmina senza un maschio sono simili a una pianta che non caccia fiori).
I giovani della civiltà contadina pure erano frenati dall’incertezza dovuta agli imprevisti del matrimonio. Oggi è ancora più difficile, sebbene per la coppia che non vive in armonia ci sia la possibilità di separarsi. Però… Na mugliera tu prima te la sigli, e po’ a ra verè cummu te n’à r’assogli, una moglie prima ti affanni a sceglierla giusta e amorevole, e dopo fai di tutto per liberartene. Il proverbio gira tutto sul gioco dell’assonanza nelle parole: sigli/assomigli. E allora meglio separarsi, quando tra marito e moglie sorgono gravi problemi, altrimenti il dissidio può indurre l’uno e l’altra alla rovina.
La reazione del marito alla mancanza di figli è quasi uguale a quella della moglie. Le massime popolari ci presentano un marito senza figli con un epiteto: “senza cuore”. Ma io mi chiedo: vi pare che abbia cuore una donna senza figli, la quale non presta denaro a nessuno, è restia a donare una paletta di carboni al vicino e si rifiuta finanche di dare un consiglio a un conoscente? Quindi, è disamorata pure la donna che nega finanche un consiglio a chi per necessità lo chiede:
“Addo’ la femmena cchi nun tene nu figliu ni p’ sordi ni p’ ffuoco e mancu p’ccunsugli.
Le diseguaglianze in una coppia
Se sono poche le uguaglianze che accomunano l’individuo di sesso maschile a la persona di sesso femminile, molteplici e accentuate risultano le loro difformità, che aumentano in caso di una convivenza tormentata.
Prendo l’avvio da un modo di dire paradossale: l’ommunu sott’a lu cappieddu, la femmena sott’a la unnèdda (l’uomo ha il cervello sotto il cappello, la donna sotto la gonnella). Insomma, la donna ragiona con un altro organo tutto femminile. Il pregiudizio si fonda sulla presunta superiorità del maschio nei confronti della femmina. Il che richiama l’agire impulsivo e irrazionale, che è tipico delle femmine. Una persona bizzarra non viene indicata con simili sintagmi? Carattere uterino, capricci uterini?
L’uomo e la donna rilevano differenze marcate, non tanto per il corredo delle virtù (poche, secondo l’immaginario collettivo) quanto per la dote dei difetti (molti, sempre secondo l’immaginario collettivo). Infatti, di una coppia di marito e moglie che vive da tanti anni in armonia si può parlare di due persone che sono complementari, in quanto l’uno e l’altro si completano e si compensano. La coppia complementare viene impropriamente definita con un sintagma superato: anime gemelle.
Misero l’uomo che si lascia mettere il cappello sul capo, cioè permette che le redini della famiglia le prenda la moglie, la quale ardisce assumere il ruolo di maschio, invertendo del tutto le funzioni del marito e della moglie. E così, quando lei appura di aver sposato uno senza gli attributi ha ragione di affermare che: l’ommunu so cumm’a li piatti unu ne rumpi e cientu te n’accatti. Il detto correva sulle labbra delle donne.
Finanche nel gestire il denaro si differenzia il modo con cui lo utilizza l’uomo e il modo con cui se ne serve la donna: il marito, pure quando si procura i soldi in abbondanza (cu lu saccu) non riesce a far fronte alla spesa della moglie che spende e spande a piene tasche (cu re sacche).
Un proverbio mette in guardia da chi tradendo la propria natura, compie atti che sono consoni solo al genere opposto: Dio ngi scansa ra l’uommeni chi filene e re femmene chi sischene, (Dio ci liberi dagli uomini che filano la lana, come le donne, e dalle donne che fischiano, come i maschi).
I difetti della femmina
Secondo la convinzione del maschio, la femmina sa compiere bene solo due attività: “filà a cu lu fusu e feccà int’a lu purtusu”. Tanto la femmina è attratta dal desiderio del maschio, che si porterebbe a letto pure un ciuccio, e se non lo fa, è solo perché è frenata dal timore che la bestia armata com’è di ferri alle zampe, potrebbe strappare le lenzuola. Un altro detto richiama la metafora dell’asino: allorchè un adolescente sentiva i primi pruriti carnali, i genitori se ne avvedevano e commentavano: “nun vere l’ora r’chiure lu ciuccu int’ a la stalla”.
Non è una breve fatica elencare tutti i vizi di una donna. Mi limito a indicarne alcuni, i più comuni presenti nei nostri proverbi.
In primo luogo è pettegola: “la femmena nun sappu tene nu ciciru mmocca”. In secondo è provocante “Quannu a la femmena lu culu l’abballa, si nunn è puttana riavulu falla!”.
In terzo è prevaricante: “pover’a quidd’ommunu a si fece mette la unnedda” (guai all’uomo che è indotto dalla moglie ad indossare la sua gonna).
In quarto è pretenziosa, come quando per migliorare il suo aspetto, si imbelletta, anche se la natura è stata generosa con lei: “La femmena quann’ è bbella r’natura, quantu cchiu schietta vai, chiu bella pare”.
In quinto è maliziosa. La donna riesce ad averla vinta pure sul diavolo, in quanto possiede cento espedienti più di lui. E non si contenta di averlo battuto e mortificato. Allora si sente soddisfatta quando lo ha ficcato in una pignatta e lo ha rinchiuso, mettendoci all’imbocco u tappo ermetico per impedirgli di scappare.
Aniello Russo (Quotidiano del Sud)
(Le foto sono tratte dall’archivio fotografico del profilo fb di Riccardo Cianciulli)