Mario Nigro e la leggenda della Ninfa della Tronola

Stefania Marotti - Il Mattino

Con il suo talento, il suo amore per l’arte, Mario Nigro, scultore, ha sempre lavorato per rendere più bella ed attrattiva l’Alta Irpinia, creando opere che ne arricchiscono la suggestione derivante dalla particolarità del paesaggio. Nato 75 anni fa a Bagnoli Irpino, figlio di contadini, è un autodidatta, innamorato del suo territorio.

Ha appreso le tecniche scultoree lavorando a Montella in un piccolo laboratorio, dove è stato intagliatore. Si è poi trasferito a Salerno, dove ha rivestito il ruolo di responsabile tecnico di un’azienda. Ma il legame con la sua terra non è stato mai reciso. Così, appena possibile, Mario Nigro ritorna in Irpinia, dove trova l’ispirazione per realizzare le sue opere. L’ultima affascinante scultura è la Ninfa della Tronola, che spicca nell’Altopiano del Laceno, sempre meta di turisti nella stagione estiva ed invernale.

Nigro, com’è ha scoperto la sua passione per la scultura?

«Non ho mai pensato di possedere doti artistiche, il legno è una materia calda e mi è sempre piaciuto toccarla e giocarci. Da piccolo, bastava un semplice temperino e la mia fantasia volava, spesso mi soffermavo presso la bottega di un intagliatore a Montella. Ero affascinato dall’abilità con cui riusciva ad usare un piccolo scalpello. Così, gli chiesi di frequentare la sua bottega, dove ho lavorato fino a quando la vita mi ha portato altrove».

Perché colloca le sue opere all’aperto, nonostante la fragilità della materia lignea?

«È avvenuto per caso. Ho fatto tante sculture, ma mai sui tronchi d’albero. Poi, ho pensato di dare al tronco un’altra forma di vita».

Nelle sue opere, ricorrono le immagini del totem. Qual è la loro genesi?

«Al totem, come facevano gli indiani, attribuisco un valore trascendentale. E’ un simbolo di unione spirituale di un popolo, di un clan. Sui tronchi ho voluto sviluppare dei temi, quale l’amore, anche sotto forma di simboli. L’amore per la mia terra, l’amore per il rispetto della natura, rappresentando una parte della fauna e vari aspetti dell’economia del territorio».

Ha fatto riferimento anche a leggende?

«La vita è fatta anche di illusioni, di speranze. A volte, aggrapparsi alle leggende rende il mondo un luogo dove tutto è realizzabile. Ognuno di noi, anche se è consapevole della realtà, ci crede ingenuamente. In certi momenti, si preferisce tornare bambini, forse per un meccanismo di difesa inconscio, per fuggire o difendersi da situazioni come stress, frustrazioni o eventi traumatici».

Qual è stato il percorso creativo della Ninfa della Tronola?

«Della leggenda della Ninfa della Tronola ne ho sempre sentito parlare fin dall’infanzia. Mi ha sempre affascinato. Parlava di una pastorella e della sua vita. Nella mia leggenda, ho voluto rappresentarla nella forma di una bellissima e giovane donna, a cui ho attribuito delle virtù morali e spirituali. Una ninfa della quale tutti erano innamorati. Nel posto dove scomparve, diventando evanescente, nacque una sorgente d’acqua perennemente fresca, che ancora oggi alimenta il lago Laceno. L’ elemento acqua e la donna sono visti come generatori di vita, dell’amore che eleva lo spirito».

Cosa guida la sua mano sapiente nel forgiare il legno per trasformarlo in scultura?

«Mi piace rappresentare qualcosa che sia bello da vedere. Anche il profumo del legno ha la sua importanza. La mia, è solo una pura passione e non un’arte, cerco sempre la mia tranquillità interiore».

Stefania Marotti – Il Mattino

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