L’articolo di Ernesto Di Mauro non fa una piega da un punto di vista propositivo, me ne congratulo. Tuttavia, la descrizione è sommariamente bonaria. I “senzatetto” sono un’evidenza costante soprattutto nelle grandi città, dove esistono già molti centri di accoglienza, qui a Milano ad esempio ne conosco diversi, gestiti da santi uomini che si preoccupano di recuperare questa povera gente tra le strade, offrendo loro tetto e cibo.
Bonaria perché difatto sociologi e psicologi classificano i clochard come “impiegabili”, “potenzialmente impiegabili” e “non-impiegabili”. Ovvero i primi sono coloro che tendenzialmente potrebbero essere interessati a cercare un lavoro, una famiglia, una casa, tutto ciò che rientra nella visione classico-tradizionale della nostra società. I secondi invece, sono quelli che presentano le caratteristiche psico-attitudinali di una persona comune, ma non cercano un lavoro. I terzi infine, (nostro malgrado!) rifiutano tutto ciò e desiderano vivere in questo status.
Molti, verosimilmente la maggioranza, non sono impiegabili. Non saprei offrire una soluzione, certamente i propositi di Ernersto sono molto attraenti, ma la povertà purtroppo è sempre esistita, ed ognuno di noi è potenzialmente un povero se non lo è già in atto (la povertà non è solo materiale!!).
Con ciò non possiamo che prenderne atto e lasciare l’uomo libero al suo posto.
Gianni Corso