Eduardo Galeano, scrittore sudamericano quasi sconosciuto al grande pubblico italiano e morto due anni fa, diceva:”L’utopia è nell’orizzonte. Mi avvicino di due passi e lei si allontana di due passi. Cammino dieci passi e l’orizzonte corre dieci passi. Per tanto che cammini non la raggiungerò mai. A che serve allora l’utopia? Serve per questo: perché io non smetta mai di camminare”.
I versi che seguono, pubblicati nella raccolta “Cocci di anima” del 1988, hanno più di quarant’anni. Nel 1976 io avevo sedici anni e la voglia di cambiare il mondo. Questi versi dicevano: quando smetterò di volerlo cambiare, la mia vita avrà perso di significato. E, anche se la vita fa di tutto per convincerti a lasciar perdere, 40 anni dopo io ho la stessa rabbia, la stessa identica voglia. 40 anni dopo io mi sento ancora controcorrente.
Il messaggio, se proprio dobbiamo cercarne uno, è: continuate a sognare; a sognare in grande, anzi. Avete il dovere di non lasciarvi rubare i vostri sogni perché, come intendeva dire Shakespeare, voi siete i vostri sogni.
Ove mai
Ove mai
dovessi dormire
senza sudare e tormentare la mente
Ove mai
dovessi finirla
d’avere problemi d’imprecare alla vita
avrei fatto di me
un fiore appassito
Ove mai
dovessi smarrire
la luce pur flebile dell’utopia
avrei smesso per sempre
di amare d’amare
La strada è lunga
tortuosa
La strada è in salita
invita al riposo e pullula
di sirene ammalianti.