Sentite questa: “Noi pretendiamo che le accise sulla benzina vengano progressivamente abolite. Su 50 euro, solo 15 servono per pagare effettivamente il carburante, mentre 35 finiscono nelle casse del fisco. Quando io faccio 50 euro di benzina, il grosso deve finire nella mia macchina, non in quella dello Stato. Una vergogna, uno scandalo… Cambieremo tutto!”.
Queste parole sono state pronunciate nel 2019 da Giorgia Meloni, allora capo di Fratelli all’Italia, che era all’opposizione.
Nel 2022, Draghi aveva effettivamente tagliato di 30 centesimi al litro le accise sulla benzina. Meloni, appena nominata Primo Ministro, non solo non fece quanto prometteva tre anni prima, ma addirittura eliminò lo sconto di Draghi, provocando un aumento della benzina di 30 centesimi al litro in una sola notte. Né taglia le tasse sui carburanti oggi, quando la benzina ha superato i 2 euro al litro e sfiorato i 3 euro in autostrada.
“Quei soldi ci servono”, dicono. E perché, nel 2019 non servivano? E al governo Draghi non servivano?
“Servono ad aiutare quelli che hanno redditi bassi!”, dicono. Ma l’aumento della benzina colpisce ovviamente di più proprio chi ha un reddito basso e che, magari, usa l’auto per andare a lavorare. Parole, parole, parole. Soltanto parole, appunto. Parole vuote.
Come quelle vomitate per anni sui social contro i migranti e “l’invasione”.
Dal 2020 al 2022 la Meloni ha scritto quasi 600 post sui migranti. Nel 2023 ne ha scritto uno solo, eppure il 2023 è stato l’anno in cui sono arrivati in assoluto più disperati, sulle nostre coste. Sempre dal 2020 al 2022 Salvini, di post sui social, ne ha scritti addirittura 850. Nel 2023 ne ha scritto solo 2.
Mi viene in mente un altro titolo di canzone, questa volta di Ligabue e del 1998:” Ho perso le parole”.
Luciano Arciuolo