Pasquale Sturchio, a quattro anni dalla dipartita

di Angelo Capone

Articolo giá pubblicato sulla rivista trimestrale “Il Monte” di Montella dal titolo “In ricordo del prof. Pasquale Sturchio”.


In aprile 2016, dopo la dipartita dell’Amico, prof. Pasquale Sturchio di Bagnoli Irpino, scrivevo il seguente articolo che ripropongo per “IL MONTE” in occasione della prossima ricorrenza del quarto anno dalla sua dipartita. I luoghi trattati rievocano la nostra Alta Valle del Calore e più in particolare la Fossa Tettonica di Montella-Bagnoli, il Graben delle Mezzane-Croci di Acerno e i contorni significativi, a partire dal Muliniello-Mancognano-Acera/Macera e fino al Monte Accellica/Acellica/Celeca per montellesi e giffonesi.

-L’inconfondibile, onomatopeico verso sonoro (up-up-up,, up-up-up…) dell’appariscente, policromatica Upupa, negli ultimi lustri, è risuonato al silenzioso crepuscolo, nella valle del Caliendo.

Il suo continuo e insistente canto, simile ad un avviso di pericolo imminente, si è confuso con la fragorosa sonorità della risorgiva-scaturigine carsica della Bocca del Caliendo e con la rapida, scrosciante, defluente caduta nell’alta valle omonima torrentizia, stretta e scoscesa.

Scenario simile!? Subito a Sud del piccolo castagneto delle Cannelecchie dell’Amico Pasquale.

Il fragore di acqua e aria (espulsa dalla bocca del condotto carsico delle Cannelecchie calcaree, sul  “miroir de faille”- liscione evidente e a giorno, da manuale naturalistico)  associato all’ up-up-up,, up-up-up insistente dell’upupa, non faceva presagire niente di buono nella falda pedemontana, marnoso-argillosa antistante, coperta di antichi, bellissimi castagneti e connotata da tante piccole “cannelle” sorgive più o meno perenni. A monte della sorgente Cocchiolone defluente nell’agognato invaso dell’Acera-Mezzanebasse di proggetto-irriguo, ormai da decenni colpevolmente irrealizzato.

Qui, risuonava insistente un “messaggio-presagio” tra i secolari matusalemmi-castagni giganti più datatati di Bagnoli Irpino.

Nella media valle del Caliendo, l’eco della risultante dei due suoni superava il Muliniello sorgivo (con la sua singolare e vetusta “torretta-rudere” di protezione e/o avvistamento) e raggiungeva la pericolante, abbandonata chiesetta-rudere di San Lorenzo ( con la sua bellissima, litica, vetusta facciata-portale ancora semieretta e vergente a Ponente ventoso e ormai solo semipiovoso, quasi totalmente ricoperta di rampicanti, rovi e piante avvolgenti e infestanti) e, quindi, quell’eco, subito oltre, si raccordava con il rigoglìo delle piccole polle sorgive di Fontanauddi che, con il suo “bolli e ribolli” , ancora concede agli orti adiacenti antistanti momenti irrigui e vitali (pur con le cangianti condizioni climatiche prive di piogge continue e rimpinguanti, per l’effetto serra perlopiù, o anche dovuto alle sempre crescenti emissioni di CO2 nell’atmosfera).

Alle Cannelecchie, al cospetto del  divino crinale dell’ Acellica e della Savina, l’acero, non più rosso in aprile, antistante i secolari, maestosi, a luoghi deturpati-violati-bruciati castagni, aspetta l’autunno per riacquisire il vermiglio, contrastante splendore nel verde accecante dei Monti Picentini nostrani.

L’Acero rosso bagnolese è simbolo evocativo, è pensiero Catto-Com della lotta Sturchiana per i più deboli di sempre, è logica, onesta e naturale proiezione del sé sociale sotto la “sovrastante” Torre Antica dei Cavaniglia. E’ il ricordo “inciso” del papà-operaio prematuramente strappato agli affetti. E’ voglia di riscatto culturale dei puri.

Dopo 4 lustri di continuo, insistente canto dell’upupa, via cavo ( gelida, dall’orribile Cotugno, in attesa di pulizie e ristrutturazioni da anni) arriva, a circa un mese dal ricovero, la triste notizia che Pasquale non è più.

Dalle 8 del mattino del 17 aprile di questo 2016 (ancora in piena crisi occupazionale per i nostri giovani meridionali e non solo) non è più con noi!?

L’UPUPA (**) ha smesso di cantare e la bocca grande delle Cannelecchie (carsismo) ha esaurito la sua fragorosa forza risorgente.

Precedentemente, alle Prebenne orticole di Pasquale, più a Nord, sulla strada per Nusco, era già calato un triste e rispettoso silenzio foriero di presagi funesti.

Il poeta nella maturità (già eco-rural esercitante, mani proprie, tra le Prebenne e le Cannelecchie, il poeta dell’Amistad e dell’ Amore in dolci versi , e al contempo, impetuosi, a luoghi, sensuali ed infuocati) ha smesso di gridare “silenziosamente” e di cantare la sua musa antica, Joa’, fulgida supplente presenza di giovanile e bruna beltà irpina.

Corde profonde si erano attivate nel quartetto del Consiglio di classe del C.P.L. (mitiche, sindacali 150 ore degli anni 70-80 /Corso Per Lavoratori); giovialità e nuova luce negli occhi e nuovi suoni labiali vibrati nell’aria più leggera e nelle incrementate pause con tue offerte di  pocket-coffee ristoratori e ridestanti l’attenzione sopita. Poi, il caso, vero artefice dei nostri probabilistici cammini terreni, ha voluto che altre muse, altre “fanciulle” ispirassero il tuo percorso di autoanalisi incentrato sulla ricerca dell’Amore catartico, posto lì, sulla scrivania, nero su bianco, con l’aiuto dei tuoi altri 100, a sublimare un bisogno, a orientare gocce di dolcezza, “sonori stappi di spumante”, graffi di erotismo e calde lacrime vere sulle pagine bianche in attesa di essere vergate e poi trasferite in A4 con l’antica piccola Olivetti-lettera32, in attesa che La Feltrinelli ne prendesse visione per un eventuale pubblicazione. Pennellate liriche in attesa di riscontri cercati ed evocati in nome della cultura, ultimo angolo mentale ritenuto degno di attenzione, e di approvazioni ( avvenute e magistralmente) del suo filosofo Amico – definito Maitre A Penser montellese, malmostoso – Pinuccio Marano- Grazie Pinuccio per averlo onorato con indelebili e sentite parole prima e dopo la sua dipartita.

Non sono ancora venute, da lui tanto attese, per verificare l’effetto che fa,  analisi critiche pro, ma auspicate anche contro, dal mondo femminile più restio a esprimersi sulla singolare tematica lirica Sturchiana orientata verso le donne più o meno idealizzate. Anche La lirica “Perciò ti amo” in inedita prima genitura, più naturalistica, nella versione per PT39, ha preso a bordo una fanciulla che non compariva nei versi pregressi. (*)

Quella fanciulla per cui io avevo recentemente auspicato un Ranieri anche per Te (ma la vena poetica, poi ?)  mio discreto, amabile Amico dell’età adulta e consapevole.

Non ne abbiamo avuto il tempo, così come anche per quelle escursioni promesse di ritorno all’Accellica Nord sorgentizia ed ai Monti Mai e a Giffoni per ammirare lo speculare versante meridionale ancora più rupestre e poco arborato da improbabili arbusti speciali. ​

Ciao! Catto-Com!! Raro “Acero rosso” bagnolese, ciao firmatario dalla A cerchiata di Amistad e non solo.
Ciao! credente della A cerchiata dell’Amicizia, dell’Amistad e della “Lotta Continua” degli schiavi sul Vascello Amistad e non solo.

Schiavi assolti dalla Suprema Corte, per essersi ammutinati allo scopo di liberarsi dalle condizioni di schiavitù ritenute, giustamente e finalmente, incostituzionali! Riconoscimento del diritto di ribellarsi all’usurpatore, al negriero… !!!

Ciao PASHKA’ !!! Ti abbiamo voluto bene veramente! Con te non si poteva fare altrimenti.

Che la tua Immagine e la tua Anima, parafrasando un tuo verso sull’Accellica, possano svettare fiammeggianti veramente nel cielo di cobalto.

A cerchiata di Angelo e Amistad / Siempre.

Angelo Capone


(*)  La versione originale propriamente ambientalista, a me dedicata, per il comune Amore per L’ Accellica, e per l’ambiente in generale, la proporrò integralmente, anche nella versione di suo pugno, scannerizzata in altri momenti. Contestualmente, nel 2015,  aveva tradotto in quartine un mio “Inno alla Celeca e al suo Ninno ( Il gigante addormentato)” pubblicato su “IL MONTE” dal compianto Carlo Ciociola e dedicato a Pasquale per iscritto e non solo.

(**) Nell”87, (dopo la frana in Valtellina-Sondalo), nella desolata Valle del Vajont tristemente famosa, senza più acqua nel lago artificiale, all’arrivo solitario mi accolse l’Upupa, col suo canto crepuscolare, saltellante sui detriti caduti nel lago dalle scoscese-tragiche pendici franose del Monte Toc.
Sensazione indimenticabile per i brividi, e non solo, al chiudere gli occhi e rievocare la scena causata da colpevoli menti.

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