Era il giugno 2022 e scrivevo del PD di Bagnoli, oggi mi cimento sulle vicende nazionali. Tutti sanno che il “Centrodestra” ha vinto le elezioni con il 43,79% dei voti e che se sommassimo i voti del “Centrosinistra” e dei “5Stelle” avremmo un totale del 41 ,56 % dei voti: la differenza è un soffio.
Una legge elettorale disarmante, iniqua, per i nominati. Le liste bloccate, che sono restrizioni ai diritti elettorali individuali giustificate da presunti obiettivi politici, sono inammissibili. Pensare che i partiti o le liste debbano per forza essere rappresentate proporzionalmente in Parlamento corrisponde ad un’idea errata della rappresentanza democratica, perché il voto mediano (la preferenza di una grande numero di elettori) vale più di un voto marginale. Il popolo non è diviso per liste o per partiti e questi non rappresentano in alcun modo fette di elettorato, ma solo gruppi limitati di sostenitori, iscritti o no. L’idea opposta molto diffusa è un passo in direzione del populismo.
La grande astensione è un fatto grave e non è un fenomeno solo negativo. Neutralmente significa che coloro che non votano sono d’accordo con la scelta della maggioranza. L’astensione però costituisce anche un serbatoio di voti per proposte politiche nuove. Per essere un potenziale presuppone però che l’accesso a nuove proposte e candidature sia libero, aperto, non solo in teoria. Bisogna favorire la presentazione di candidati, il fermento di idee e la loro discussione, ma selezionare con severità quelle che meritano di andare avanti, attraverso il dibattito e il voto. L’Italia fa sostanzialmente l’opposto: ostacola proposte e candidature nuove e non garantisce la selezione aperta di quelle ammesse. Le liste bloccate premiano le oligarchie esistenti, riducono il potere di iniziativa dei candidati e il potere di scelta degli elettori e dissuadono quindi l’elettore di recarsi alle urne. Mi fermo qua.
Tutti dicono : <il PD ha perso le elezioni>, <il PD ha pagato lo scotto di stare sempre al governo>, <il PD non rappresenta più le classi meno abbienti>. Sembra che il male dell’Italia sia il PD e che senza, tutto il resto andrebbe meglio. Può darsi ma non è sicuro.
Il nuovo governo, il più a destra della storia repubblicana e che dicono <<di grande profilo>>, ripropone molte facce del passato di bassa levatura (undici di questi erano ex ministri e sottosegretari del governo Berlusconi). Un gioco di denominazioni dei ministeri che sembra più vicino alle esigenze del presente ma che nasconde un trasformismo di archetipi sotterrati dalla storia e di cui non riusciamo a liberarci (la sovranità alimentare è stata introdotta dai francesi già da un anno ed è un concetto che si declina con agricoltura sostenibile e non con protezione doganale) .Come se bastasse cambiare nome. Ha ragione il “giornalista” è un governo di mediocri e di seconde file costruito intorno a filoputiniani non pentiti e ad un rimasuglio dell’ondata berlusconiana del 1994. Anche sul governo mi fermo qui.
Ritornando al Pd che perde è semplice: gli italiani che sono andati a votare, lo hanno fatto per altri, nessun psicodramma e nessun suicidio, si va all’opposizione come quella del dopoguerra, quella che ha consentito un’Italia Nuova, quella che ha contrastato la DC e ha anche saputo garantire ai lavoratori e ai diseredati miglioramenti epocali. Quelli che non la sanno fare si facciano da parte, gli altri si rimettano a lavoro.
C’è tanto da fare. C’è da contrastare l’ennesimo tentativo di costruire l’autonomia del Nord con un ministro ( Calderoli ) che ha già tentato nel 2004 e nel 2006 quale responsabile del governo Berlusconi della Riforme istituzionali e della Devoluzione (cambiano i nomi non gli obiettivi). Sul punto faccio un’aperta critica anche ai sindaci Pd del Nord: una cosa è tutelare i propri concittadini ed un’altra mettere a rischio l’unità del Paese. Non si vive di solo pane diceva qualcuno e il PD riparta dal sud. E’ il momento di aprire agli altri e non chiudere a chi ha saputo dare una attesa ai periferici, con misure migliorabili ma giuste.
Ed un’altra piccola critica va fatta, il PD deve saper uscire dal centro città, di lì si vede tutto in un’ottica diversa: le belle strade, i bei negozi, le bellezze dei monumenti oscurano una moltitudine di indigenti in difficoltà, anche istruiti, che votano per una speranza.
Visto il panorama politico italiano e non solo, l’unico argine contro la deriva del paese (ed anche contro le destre come dice Letta) è il PD. E’ il PD se si pone al centro di un progetto di aggregazione progressista, non divisivo, di centrosinistra e fermamente europeista. L’alternativa progressista si realizza ragionando con chi è più vicino, senza riverenze ma anche senza la superbia di chi viene da un passato lontano alimentata da personalismi di posizione (si potrebbe dire anche rendita di posizione) di chi ha occupato le istituzioni.
Il mondo cambia più velocemente di quanto possiamo immaginare e la politica che non anticipa più i cambiamenti ha poco futuro. Chi è progressista lo fà perché il nuovo apporti benefici a tutti (come diceva una vecchia pubblicità di una macchina americana) e quindi anche per i propri figli. Sparare contro il PD è uno sport che accomuna giornalisti di bottega e intellettuali di potere ma anche pensatori sani di quella sinistra erudita e spocchiosa che non ha nessuna intenzione di cambiare.
Le tradizioni del comunismo occidentale italiano e del cattolicesimo innovatore che hanno trovato una sintesi in nome del progressismo devono fare i conti con un mondo in continuo movimento, che ogni giorno ci pone davanti problematiche e dilemmi da risolvere anche gravi, come la guerra. Allora non possiamo lasciare la guida a chi il mondo lo vede verso il passato (neanche molto glorioso) e bisogna rischiare e non farsi trasportare. Il progresso va perciò regolato da chi ne intravede prospettive di miglioramento per molti e non per il singolo.
Aniello Memoli