«Riaprire gli impianti non basta, il Laceno non si salva da solo»: sviluppo turistico, l’idea di Confindustria.
Era inevitabile che alla presentazione dell’evento “Il Nero di Bagnoli” ci fosse una domanda sugli impianti sciistici e sulla seggiovia del Laceno rivolta alla Sindaca Teresa Anna Di Capua e al delegato al turismo Rino Ferrante. Sappiamo, ad oggi, che è ancora in corso un contenzioso con la società che si occupava della loro gestione, per cui restano chiusi e la questione è molto lontana dall’essere risolta.
Questo però non ci nega la possibilità di guardare allo sviluppo futuro dell’area, che non passa soltanto dal ripristino della stazione sciistica, ma ha a che fare con una generale riconsiderazione di quello che possiamo tranquillamente definire un asset strategico per il rilancio dell’economia e del turismo in Irpinia.
Fino a due anni fa gli impianti sono sopravvissuti grazie ai finanziamenti regionali, ma l’intervento pubblico non è evidentemente bastato. Ad aprile di quest’anno è stata Confindustria a lanciare la sua idea per la promozione dell’attrattività del sistema turistico nelle aree interne, con un focus specifico proprio sulle potenzialità del Laceno. Ne abbiamo parlato con il Presidente Pino Bruno.
Presidente, su cosa punta questo progetto di riqualificazione del comprensorio del Laceno?
«Non possiamo definirlo un progetto, parliamo piuttosto di un’idea, di una nostra modesta visione rispetto alla valorizzazione di quest’area dell’Irpinia. La nostra intenzione non è quella di apparire invadenti o metterci in competizione, tantomeno ci candidiamo ad essere gli unici in grado di salvare gli impianti del Laceno. Se dovessi illustrarlo partirei da un fondamentale presupposto, la proposta non è limitata al semplice ammodernamento e ripristino degli impianti di salita, ma ha un respiro più ampio. Parte tutto da quello che è già in previsione e a prescindere da chi sarà il prossimo attore in campo, va oltre la stagione sciistica, immaginando un impegno costante per il rafforzamento dell’offerta turistica, affinché il territorio sia più visibile e più raggiungibile».
In che modo Confindustria propone di avviare questo processo di sviluppo?
«Per grandi linee si è pensato alla creazione di una seggiovia a sei posti, più moderna e veloce, ad un impianto di innevamento artificiale che aumenti le possibilità di sciare durante l’anno, ad una illuminazione notturna che possa consentire di frequentare le piste anche di sera. Auspichiamo la creazione di un hub che accolga i turisti prima dell’accesso al comprensorio sciistico, per fare un esempio, qualcosa che somigli ai duty free degli aeroporti, uno spazio dedicato alla promozione dei prodotti tipici non soltanto enogastronomici, ma anche di artigianato. In più potrebbe esserci un luogo dedicato alla vendita o al noleggio delle attrezzature, un campo per la scuola di sci. Abbiamo una straordinaria ricchezza in questo territorio, bisogna fare in modo che sia fruibile anche d’estate, magari montando una monorotaia per la discesa, tipo il Fun Bob che è un modo sicuro e divertente per godere in un’altra stagione di quelle che in inverno sono le piste da sci. E’ importante implementare le risorse idriche a servizio dei rifugi che andrebbero ristrutturati. Bisogna garantire le attività tutto l’anno, perché il Laceno non sarà mai competitivo rispetto al resto dei comprensori soltanto sistemando la seggiovia o pregando per avere un po’ di neve in più, non si diventa un riferimento con gli impianti aperti quattro o cinque week-end all’anno».
Nel 2015 il Comune di Bagnoli non ha ottenuto un finanziamento da 15 milioni di euro per ristrutturare o sostituire le strutture, crede sia il momento di attivare risorse private per salvare il Laceno?
«Il problema non sono le risorse pubbliche o private, si potrebbe lavorare anche in project financing, la questione non è neanche la disponibilità di risorse. Ci sono due approcci possibili: avere dei finanziamenti e spendere tutto, quindi bruciare queste risorse oppure ottenere dei finanziamenti e fare un investimento, dal mio punto di vista per l’Irpinia è più utile il secondo per avere delle soddisfazioni, ma soprattutto per creare delle occasioni di crescita, mettendo in rete più attori capaci di garantire un’alternativa allo sci. Un’ottima ricettività non basta, servono delle attività collaterali come il trekking, il biking, le escursioni alle Grotte del Caliendo, o la visita al Santuario del Santissimo Salvatore o alla Chiesa di San Francesco a Folloni, tutte cose che devono essere garantite. Non ci consentiamo la presunzione di parlare di questo come del Progetto Laceno. Un progetto è qualcosa di molto serio, definito e articolato. Però possiamo dire di aver sviluppato un’idea, di averla descritta in maniera dettagliata, ora va condivisa – senza protagonismi – mettendo intorno ad un tavolo la pubblica amministrazione, il Comune di Bagnoli e i Comuni limitrofi, per realizzare qualcosa di interessante, che faccia rivivere l’area in un modo alternativo».
Più in generale, qual è la visione di Confindustria rispetto allo sviluppo turistico dell’Irpinia? Se ne parla molto, ma tutto si muove in maniera estremamente lenta…
«Sembra di essere sempre in ritardo perché ognuno è bravo ad offrire i propri suggerimenti, ma alla fine nessuno si rimbocca seriamente le maniche per concretizzare un progetto. Noi saremmo disponibili a partecipare ad un tavolo di lavoro e di coordinamento insieme alla Provincia, alla Comunità Montana, ai Comuni, sarebbe un modo per confrontarsi, per mettere le idee in comune e allora sì che potrebbe realizzarsi un grande progetto di rilancio. Tornando al Laceno, non è accendendo un interruttore che si risolve la questione, questo vale per ognuna delle azioni di sviluppo turistico ed economico che si immaginano sul territorio. Far ripartire il Laceno significa far ripartire la provincia, simbolicamente, ma non solo, sarebbe un passo significativo da integrare al resto di quello che c’è da fare. Dipendesse da me rimetterei a nuovo tutta l’Irpinia, ma così non è, perciò sarebbe bene sedersi uno di fronte all’altro e offrire il proprio contributo, coinvolgendo qualcuno capace di stimare i flussi, fino ad un paesaggista o un esperto di infrastrutture: insomma istituzioni e professionalità. Altrimenti ci riduciamo ad essere dei tuttologi con la pretesa di dare lezioni agli altri, mentre non riusciamo a prenderci cura nemmeno di casa nostra».
Grazie Presidente Bruno…
«A lei».
Maria Fioretti (Ortcalab.it)
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Giuseppe Bruno, Presidente Confindustria Avellino