Quando torni è tardi
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“La cotta è appesa nella sagrestia
t’aspetta; presto che uscirà la messa!”
… Quanto tempo passò dacché l’hai smessa
per andar dietro a chi ti portò via!
*
E tinc e tinc e tinc, quanta lena
di devozione, piccolo, stamane!
… e tinc, e basta! e tinc, a malapena
il prete riesce a dir le cose arcane
*
La cotta bianca, i mille sogni alati
là sui gradini dell’altar maggiore…
quanti ricordi, no? quanto splendore
nel cuore che ritorna son restati!
*
E tinc, e tinc e tinc, ma fai piano,
piano, così; lo so perché fai forte:
quello che il cuore sente, la tua mano
lo vuole dire alle persone assorte.
*
Un giorno, poi, – ora son tanti mesi-
quei santi, quella cotta sembrò strana,
e quei quattro gradini li hai discesi
per non salirli più con la sottana.
*
E basta e basta e basta, mi fai piangere:
se suoni ancora e non sai più sognare,
come una volta i mille sogni d’angeli,
su quei gradini è inutile tornare.
*
E’ inutile tornarci a veder come
l’altare può sembrarti da lontano:
si leverebbe a richiamarti, invano,
per te una voce che non ha più nome.
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Remigio Maria Jandoli
(da Fuori dalla Rete, Marzo 2021, anno XV, n. 1)