QUEL GIORNO
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Verrà compagni
il giorno in cui
nessuno tra i vivi
avrà visto la guerra
subito miseria
o morsi da fame.
Verrà lo sento.
Il giorno in cui
bianco e nero
saranno solo colori
e non diversi.
Perché venga
compagno
devi lottare
anche tu e oggi.
Questa breve poesia, pubblicata nella raccolta “Cocci di anima” del 1988, fu scritta nella primavera del 1980, quarant’anni fa.
In quel periodo vi era stata, a Miami, una rivolta di afroamericani che protestavano per l’uccisione di un uomo di colore. I poliziotti, dopo averlo fermato, lo avevano picchiato fino a provocarne la morte. Una storia che, negli Stati Uniti, si ripete spesso, come abbiamo purtroppo visto nei mesi scorsi.
Ricordo che, a quei tempi, il razzismo e le sue conseguenze sembravano essere fenomeni estranei all’Italia. Ma chi come me lo pensava, si illudeva e non teneva nel debito conto che gli italiani, a partire dal 1938, avevano prima emarginato e poi consegnato ai tedeschi migliaia di connazionali di religione ebraica.
Nel 2020 la poesia sembra scritta ieri. Con la differenza che, oggi, nessuno direbbe più che il razzismo in Italia non esiste.
Willy Monteiro Duarte, nato in Italia, poco più di un mese fa è stato ucciso a calci e pugni (l’assalto è durato circa 20 minuti), alle porte di Roma, da un quartetto di sbruffoni e decerebrati, tanti muscoli e nessuna traccia di cervello, i quali appena arrestati hanno cominciato ad accusarsi l’un l’altro e, dopo alcuni giorni di carcere, hanno chiesto protezione…
Willy aveva lavorato anche la sera in cui è stato ucciso, a differenza dei quattro assassini che, in tutta la loro vita, non hanno faticato un solo giorno.
Willy Monteiro Duarte rappresenta la tempesta che stiamo raccogliendo, in Italia, dopo che per anni politici incoscienti hanno seminato il vento dell’odio verso neri, gay, diversi. L’ultimo esempio: quest’estate un paio di leaders politici accusavano i migranti arrivati in Italia di portare il virus. Una balla colossale, visto che nei centri di accoglienza i positivi sono solo lo 0,4% del totale dei contagi e che i migranti sono sottoposti sistematicamente a controlli. Una balla, ma l’importante è seminare il vento dell’odio razziale.
Nel 1980 molti di noi si illudevano che la strada del progresso e della civiltà fosse tutta in discesa e che bastasse seguirla ed aspettare.
Non è così. L’orologio della storia, negli ultimi anni, sembra aver fatto un enorme passo indietro.
Il progresso e la civiltà bisogna conquistarseli giorno per giorno, con le parole e con i fatti.
Sulla loro strada non si deve mollare mai. Stare svegli. Vigilare.
Luciano Arciuolo
(da Fuori dalla Rete, Novembre 2020, anno XIV, n. 5)