Ho deciso: voterò scheda bianca. Io, militante della sinistra da sempre, con una vita passata a convincere la gente a votare per la mia parte, quest’anno voterò scheda bianca. E la domanda “Perché voto scheda bianca?” non sfiora neanche la parte più superficiale della mia mente. Piuttosto, la mia scelta è la risposta all’altra domanda, che mi assilla da mesi:” Perché mai dovrei votare?”.
Io voto scheda bianca perché mi fa ridere l’idea di dover scegliere tra quelle che vengono definite le due sinistre in campo. Quella dell’imitazione mal riuscita di Fonzie che, avendo perso ed essendo restato solo col suo Juke-Box, ha sempre la tentazione di portarsi via il pallone. E quella dell’imitazione di Togliatti, detto il Migliore (che il pallone se l’è già portato via), i cui baffetti bianchi tradiscono non tanto l’età, quanto le sconfitte continue che ne hanno caratterizzato la storia politica. Le scelte fatte per le candidature nel mio collegio, inoltre, non sono certo uno stimolo al voto…
Ma voto scheda bianca anche perché, in sostanza, questa è una campagna elettorale tra sostenitori del primato assoluto e senza freni del mercato libero. Tra liberisti di destra (quelli veri) e liberisti di sinistra (quelli adattati, ma che hanno fatto anche più danno degli altri).
Voto scheda bianca ma, lo confesso, vorrei tanto votare un partito di sinistra. Ma semplicemente non c’è, un partito di sinistra.
La sinistra dovrebbe essere in grado di immaginare il futuro, oltre che amministrare il presente. E questo, da anni e a livello europeo, la sinistra non riesce più a farlo. Eppure oggi più che mai ci vorrebbe un’idea di mondo migliore.
La globalizzazione e il mercato, fuori da ogni controllo e da ogni regolamentazione, hanno prodotto una società in cui l’ 1% della popolazione possiede la stessa ricchezza dell’altro 99%. I nostri figli staranno peggio di noi. Stanno già peggio di noi.
Il nostro pianeta sta morendo. Il modello di sviluppo che l’umanità ha scelto sta conducendo la natura al collasso. Ci sono esperti i quali dicono che sia già troppo tardi per tornare indietro.
I fondamenti democratici delle nostre società sono a fortissimo rischio: il clic di un anonimo finanziere, seduto da qualche parte nel mondo, vale più della volontà di popoli e nazioni. La reazione all’impoverimento progressivo delle classi più toccate dalla crisi produce mostri (penso a Trump o ai tanti rigurgiti fascisti).
La religione del mercato sfrenato si è impadronita persino delle facoltà universitarie di Economia nelle quali, ad ogni latitudine, si insegna solo la teoria cosiddetta “neoclassica”, che prevede sviluppo a danno di diritti, privatizzazioni contro beni comuni, precarietà perenne contro benessere, lavoro sempre seguito da un aggettivo contro lavoro e basta.
In tutto questo, la sinistra si è ritagliata il ruolo dell’onesto (se va bene) amministratore di condominio, incapace di guardare oltre e di proporre una società più giusta, più a misura d’uomo, capace di preservare la natura, di difendere il benessere e la stessa vita dei più deboli.
Invece è di nuovo tempo di Utopie. Di nuove Utopie. L’Utopia è l’orizzonte, per dirla con Galeano. Impossibile da raggiungere, ma utile ad indicare una direzione di marcia.
Quando gli studenti di Berkeley o di Parigi, nel “68, impararono a dire “Vogliamo tutto!”, lo fecero perché capirono che il problema non era solo liberare la Cultura e l’Università. Non ottennero niente del “tutto” che chiedevano, ma è innegabile che l’onda lunga di quel movimento abbia prodotto fine del colonialismo, fine della segregazione razziale, riduzione delle diseguaglianze e, in Italia, divorzio, aborto, Statuto dei Lavoratori, accesso universale alla sanità pubblica, emancipazione femminile (l’abrogazione della legge sul “delitto d’onore”, ad esempio) …
Quali prospettive è oggi in grado di offrire la sinistra, italiana ed europea?
Allora io voto scheda bianca, sapendo di fare violenza alla mia storia. Voto scheda bianca ma dico anche perché, in modo da rendere manifesto il senso del mio voto.
Paradossalmente, infine, voto scheda bianca per il futuro della sinistra. Perché essa può rinascere, con nuove idee e nuova linfa, solo da una disfatta clamorosa, capace di azzerare tutta la sua storia attuale di ammiccamenti al mercato più spietato e di attacco ai diritti degli indifesi.