Sfruttamento minorile, il piccolo Masih si ribellò e lo uccisero

di Matteo Frasca

La storia. Fuggì dalla fabbrica e aprì gli occhi del mondo su un fenomeno oggi ancora esistente.


Lo sfruttamento minorile è da anni al centro di forti discussioni perché c’è chi sostiene che non esista, contrapponendosi a chi afferma che esiste ancora e che ora come mai è diventato un vero e proprio mercato nero di bambini lavoratori.

Ma come nasce questo sfruttamento? Tutto incomincia dalla povertà naturalmente, magari da un debito (anche molto piccolo) che la famiglia non è in grado di pagare. Allora i debitori propongono un lavoro a tempo indeterminato per i figli. La famiglia, costretta dalla disperazione, accetta essendo l’unico modo per estinguere il debito. Non possono svolgere quell’incombenza perché loro sono già impiegati (e anche sfruttati senza pietà) in un altro lavoro.

Ma non sanno dove andranno e cosa faranno i figli che forse saranno impiegati nelle fabbriche che producono scarpe, palloni e tappeti o nelle piantagioni di grandi aziende.

Questo problema non è molto diffuso nei paesi modernizzati, ma in paesi soprattutto poveri con conflitti interni, malgovernati o in via di sviluppo come in Asia, Europa Orientale, Africa e America Latina. Anche in paesi moderni come gli Stati Uniti e quelli dell’Europa Occidentale, tuttavia, non è da sottovalutare. In Italia sono più di 300.000 mila i bambini e gli adolescenti costretti a lavorare. Abbandonano la scuola e poi sono impiegati in attività di famiglia, nella ristorazione, nell’agricoltura e nell’artigianato. Inoltre in quasi 3000 mila svolgono lavori pericolosi per la loro salute e vita.

Lo sfruttamento minorile ha radici molto antiche, perché già durante l’epoca antica esisteva, ma era definito schiavismo. Con la rivoluzione industriale diventa un trattamento crudele ed ingiusto con il quale i bambini sono costretti a lavorare nelle industrie, nelle miniere, più di quattordici ore al giorno in condizioni terribili, dannose anche per il loro sviluppo psico-fisico. Nel 1924 la Società delle Nazioni affronta il problema con la Convenzione di Ginevra e nel 1989 l’ONU approva definitivamente i “Diritti dell’infanzia” che bandisce ogni sfruttamento e abuso.

I bambini sfruttati sono anche analfabeti perché non è impartita loro alcuna istruzione, quindi non potranno difendere i propri diritti da adulto.

Uno dei pochi che è riuscito a ribellarsi è stato Iqbal Masih, un bambino pakistano che grazie alla sua tenacia riuscì a scappare dalla fabbrica di tappeti in cui era tenuto schiavo e fece conoscere al mondo le crudeli condizioni in cui era costretto a lavorare a causa di un debito di undici dollari. Grazie a lui chiusero decine di fabbriche salvando migliaia di bambini dallo sfruttamento. Ma a causa delle sue idee venne ucciso dalla mafia dei tappeti. Ancora oggi vivono le sue idee, ma anche le nostre che prima o poi cambieranno questa realtà.

Matteo Frasca (*)


(*) Ragazzo di terza media, originario di Bagnoli Irpino. Il suo tema è stato pubblicato sul giornale  “Il Resto del Carlino” il 12.3 2019

Matteo Frascaragazxoscuola mediasfruttamento giovaniletema