(Questo intervento è rivolto a quella parte della sinistra, giovane o vecchia che sia, ancora disponibile al confronto).
I risultati delle elezioni europee del 26 maggio scorso inducono a qualche riflessione.
Parto da un presupposto: chi, anche oggi, considera il Partito Democratico fuori dalla sinistra italiana, oltre ad offendere gli elettori PD accredita una visione per la quale la Sinistra, in Italia, coinvolgerebbe un misero 2,6% dell’elettorato, cioè la somma delle percentuali di voto riportate dai partitini (molto “ini”) che si collocano a sinistra. Con queste percentuali quelle stesse persone si condannano all’irrilevanza: o fate la rivoluzione “leninista” o semplicemente fate solo testimonianza …
Il fatto è che la tendenza “storica” alla frammentazione della sinistra si è accentuata negli ultimi anni, per cui, ormai, certi gruppuscoli sembrano partitini personali o, peggio ancora, circoli privati.
Se però superiamo questa sorta di inspiegabile pregiudiziale verso il PD attuale, che come ho detto è offensiva per i milioni di elettori di sinistra che lo votano, possiamo fare un ragionamento più approfondito e di prospettiva.
La somma delle percentuali di voti che vanno alle forze di sinistra e di centrosinistra fa quasi 31%. E’ una percentuale importante, che mette la nostra parte politica nella possibilità di uscire dall’irrilevanza e di aspirare a cambiare quello che sembra, per l’Italia, un destino ineluttabile.
Governare l’Italia, se ancora interessa a qualche elettore della sinistra “pura”, deve servire anzitutto a fermare l’ondata di nazionalismo e di fascismo che invade il mondo; poi a dare un futuro ai nostri giovani; a correggere gli effetti più duri e socialmente inaccettabili della globalizzazione; a fare dell’Italia un paese all’avanguardia per la difesa dell’ambiente e per lo sviluppo sostenibile…
Per fare questo ci vuole il contributo di tutti quelli che si ritengono progressisti. Noi invece continuiamo a dividerci e ad accusarci degli errori di un passato, anche recentissimo, che io per primo ho condannato e che però possiamo correggere solo se siamo uniti. Un esempio: cominciamo, da domani, perché no, a dire tutti assieme che vogliamo il ripristino dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori!
Nel PCI convivevano Napolitano e Ingrao, che avevano visioni diverse, molto diverse, del futuro e della società. Ma questo non ha impedito loro di votare allo stesso modo, dentro e fuori del Parlamento, per quasi cinquant’anni. Non solo: essi avevano ben chiaro che, se si fossero divisi su tutto, avrebbero spalancato le porte della democrazia italiana alle forze della conservazione e della reazione. Avevano ben chiaro che le loro eventuali divisioni avrebbero rafforzato di molto i loro nemici comuni.
Se tutto questo è abbastanza chiaro, allora non capisco perché ci si ostina a voler dividere le forze di sinistra; non capisco perché il nemico principale di questi partitini debba continuare ad essere il PD o il vicino di casa.
Bernie Sanders, idolo della sinistra americana, sa benissimo che, dopo le primarie, dovrà fare campagna elettorale per il candidato democratico alla Casa Bianca perché, se non lo fa, spalanca le porte ad una seconda presidenza Trump. Perché è Trump quello che bisogna fermare. Sono le sue politiche ad essere pericolose per gli americani e per il mondo intero. O no?
La sinistra, se vuole tornare a contare e a decidere per il bene dell’Italia, deve superare le proprie “malattie infantili“ (era Lenin a definirle così) e cercare i motivi per stare assieme, non quelli per dividersi.
La sinistra deve trovare il coraggio di provare a costruire un contenitore capace di mettere assieme tutte le istanze di progresso. Diversamente si condanna all’irrilevanza e, soprattutto, spalanca le porte alla destra che, negli ultimi tempi, ha tirato fuori la sua vera faccia. Ed è questa che ci deve far paura; che ci deve spingere a superare gli atteggiamenti da “sono più compagno io”, che già un secolo fa contribuirono alla vittoria del fascismo, in Italia e in Europa.
Luciano Arciuolo