Lo avevo promesso alle suore dell’ufficio che un giorno le avrei portate a Montella, al Convento di san Francesco a Folloni. E quale occasione migliore di questa, celebrare in questo luogo benedetto la festa del Serafico Padre, nell’ottavo centenario del convento!
Arriviamo lunedì in tarda mattinata e ci dirigiamo subito sull’altopiano del Laceno. Aria limpida e un cielo azzurro di cui ci si può solo innamorare per noi che veniamo dalla Città, dove l’aria non profuma e non è mai tersa e pulita come questa. Ad aspettarci ci sono mia madre e mia zia Lucia con suo marito Alfonso e un’amica, Dalila. L’aria buona mette appetito e ottimo rimedio a questo è la tavola che imbandisce Nicola allo Spiedo. Stiamo a tavola come a Natale, ci prendiamo tempo per gustare i prodotti di questa terra, nella migliore stagione in cui venire per trovare funghi freschi, tartufi e ogni genere di prelibatezze che il bosco consegna prima di entrare nel letargo invernale.
La passeggiata nel bosco vestito dei colori d’autunno aiuta a riprendersi dal torpore, anche l’aria ossigenata che pizzica il naso. Le volpi si avvicinano come i cani e questo mette un po’ di tristezza: non avendo molte prede da cacciare si contentano dei rifiuti degli umani.
Eccoci finalmente a san Francesco a dire messa mentre le suore vanno a sistemarsi alla Country House sulla strada provinciale per Cassano. Mamma è a pochi passi da loro, presso l’agriturismo Pericle. Io mi sistemo in una stanza del Convento. Ci incontriamo tutti per celebrare il beato transito di san Francesco e poi ad ascoltare i DaMaDaKa in concerto. La loro performance si conclude, dal palco, in chiesa. Si snoda una processione che alza il canto della ‘sagliuta a Montevergine’ e, una volta in chiesa, sono dolci le note indirizzate alla Madre di Dio, ‘Rigina Maestà’ ‘Maronna ‘e l’arco’.
Il giorno di san Francesco è benedetto da un meraviglioso frate sole. Porto le sorelle alla scoperta dei luoghi simbolo di questa porzione eletta dell’Alta Valle del Calore, al Monastero del Monte, al Santissimo Salvatore e alle sorgenti di Cassano. È un continuo sentirle esclamate ‘wow’ sbalordite da tanta bellezza: sono informate di cultura anglosassone, fossero delle mie zone direbbero ‘uaaaaa’
Nel pomeriggio giungono al convento il vescovo e i sindaci della valle accompagnati dai labari delle loro Comunità. Tanta gente, tutti a San Francesco a Folloni per assistere all’accensione della lampada dei Comuni che brillerà davanti al Santo per tutto l’anno. Quest’anno Cassano Irpino offre l’olio ed il sindaco tiene il discorso e – dalla fiammella portata dai podisti coprendo circa 300km che separano Assisi da Montella – accende la lampada che brilla in mezzo alla nave della chiesa.
La serata è un abbraccio continuo, carezze, sguardi, ricordi, saluti e sorrisi … anche qualche ventenne si avvicina, viene a dirmi di chi è figlio perché i genitori li ho sposati io. E benedico il Signore perché questo è tutta opera sua. E noi frati siamo parte di questo, come la trama e l’ordito del “sacco di san Francesco”. Operiamo la Comunità, prestiamo carne allo Spirito che nelle forme più disparate, dove meno te lo potresti aspettare, rende vivo e presente il Vangelo: vivente e sempre verdeggiante. I fuochi di Gelsomino concludono la festa. Fa freddo, è calata l’umidità, le suore sono già tornate alla Country House, così pure mia madre si è ritirata. Io rimango sotto il campanile con un paio di amici e poi le ultime battute con i frati, in chiesa: che tepore quando si entra!
L’indomani si ritorna a casa per un’altra strada. Come i Magi! Anziché Salerno si scopre la stazione di Napoli Afragola. Potremo partire con più calma e ci dedichiamo quindi a saluti più lenti e a una degna colazione con le confetture di Renato e Rina di Pericle. La lentezza è un privilegio da cogliere quando ti capita! Poi giunge il momento e si parte. La contentezza si legge sul volto delle sorelle, e sono curioso di ascoltare i commenti che faranno con i sampietrini, di cosa hanno visto, cosa hanno vissuto al convento con i frati nella festa di san Francesco.
A lode di Dio. Amen
Agnello Stoia