Tumore al seno, scoperta l’origine ereditaria di una forma rara
Mutazione del gene BRCA1
Le terapie e il test genetico
«Il carcinoma mammario metaplastico, attualmente, può essere curato (quando operabile) solo con la chirurgia — spiega Corso —. Tuttavia, molto spesso, e soprattutto nei casi avanzati, si presenta con metastasi a distanza, dove le possibilità di cura si riducono davvero al minimo. Purtroppo, non esistono terapie “mirate”: un precedente studio Ieo ha dimostrato la scarsissima efficacia della chemioterapia e alla stessa conclusione è giunto uno studio americano del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York». Concretamente cosa cambia, quindi, con la nuova scoperta? «Ci permette di classificare il tumore metaplastico come una nuova sindrome rara ereditaria — risponde il ricercatore —. Tutte le donne con nuova diagnosi di questo sottotipo di neoplasia devono essere testate per il gene BRCA1, indipendentemente dall’età e dalla storia familiare. La presenza di una mutazione BRCA1 permette, infatti, di valutare nuove strategie terapeutiche come l’utilizzo dei PARP-inibitori, finora non ammessi, ma già utilizzati con successo per altri tipi di cancro positivi a BRCA».
Chirurgia più invasiva
Non solo. Alla luce di questa novità può cambiare anche la scelta del chirurgo, come illustra Paolo Veronesi, direttore del Programma di Senologia Ieo: «Aldilà delle nuove opzioni terapeutiche farmacologiche previste per i tumori metaplastici che sicuramente aprono nuovi orizzonti di cura, i nostri risultati dimostrano chiaramente che la chirurgia conservativa (la quadrantectomia per esempio) potrebbe non essere più sufficiente per curare questa variante rara di carcinoma mammario, soprattutto in presenza del gene BRCA1. Il rischio di recidiva potrebbe essere altissimo, particolarmente nelle donne giovani. Quindi le opzioni chirurgiche dovrebbero essere più “aggressive”, come la mastectomia terapeutica, ma anche la mastectomia profilattica “risk reducing” controlaterale (ovvero l’asportazione preventiva anche della mammella “sana” per limitare il pericolo di cancro) e ricostruzione plastica integrata». Certo servono ulteriori conferme su casistiche più ampie di pazienti, ma come accade per altri tumori rari, spesso poco curabili, anche risultati iniziali aprono uno spiraglio concreto al trattamento.
Lo studio su 5.226 pazienti
Alcuni studi avevano già segnalato il possibile ruolo di BRCA1 nell’aumentare il rischio di tumore metaplastico, «ma il nostro lavoro è il primo che dimostra, con un’analisi retrospettiva di 5.226 pazienti con cancro al seno sottoposte a test genetici in Ieo, che oltre il 50% dei tumori metaplastici è associato significativamente alla presenza di BRCA — dice Bernardo Bonanni, direttore della Divisione di Prevenzione e Genetica oncologica e coautore dello studio, insieme a Mariarosaria Calvello, coautrice e Monica Marabelli, corresponding author dell’articolo (entrambe della stessa Divisione) —. In primo luogo abbiamo osservato una frequenza maggiore di tumori metaplastici nelle pazienti portatrici di mutazioni nei geni BRCA: 1,2% rispetto allo 0,2% rilevato nelle pazienti non mutate. Poi abbiamo trovato che in questo sottogruppo tutte le pazienti erano portatrici di BRCA1 e nessuna di BRCA2. Questi risultati confermano che il tumore metaplastico ha una chiara predisposizione ereditaria associata al BRCA1. Si tratta tuttavia di risultati ottenuti su una casistica fortemente selezionata. Per questo sono necessari altri studi su popolazioni di pazienti non selezionate con test genetico per capire quale sia il vero ruolo del gene BRCA1 nell’insorgenza del tumore metaplastico della mammella. Sarà importante inoltre studiare il coinvolgimento di altri geni nell’origine di questa rara forma di tumore».
Vera Martinella-Corriere della Sera