UNA SINISTRA NUOVA (trenta righe e quattro proposte)

di Luciano Arciuolo

Questo intervento è rivolto, dalle pagine del giornalino (e ringrazio i responsabili per l’ospitalità), a quanti si riconoscono o si sono riconosciuti nei valori della sinistra. In modo particolare intendo proporlo agli iscritti e ai dirigenti della Giovane Sinistra di Bagnoli che rappresentano, ad oggi e a mio avviso, l’unica novità positiva della politica locale.

Parto da una considerazione: non molti hanno chiaro che la sinistra in Italia, così come l’abbiamo conosciuta, è a rischio di sparizione e senza essere sostituita da altre forze di progresso. E che, per questo, serve decisamente una scossa vera, defibrillante, capace di invertire la tendenza.

Oggi il dibattito, fuori e dentro il PD, è centrato essenzialmente sulle persone, sul leader, su un eventuale “papa straniero”. Così non andiamo da nessuna parte. La sinistra, in Italia e nel mondo, si è castrata sulla strada che l’ha consacrata alla scelta acritica del mercato e del liberismo assoluto. E, dove ha governato, lo ha fatto con programmi economici di destra, molto più di quanto abbia fatto la destra stessa. Ha perso così ogni legame con la realtà e, soprattutto, con il suo mondo di riferimento.

Il problema, allora, oltre all’azione concreta, sono i programmi. Già, ma quali programmi?

Nel vecchio PCI le tesi programmatiche e congressuali erano mattoni illeggibili. E la sinistra è rimasta esattamente a quella modalità, incapace di parlare in modo comprensibile alla gente. Continuando così rischiamo, appunto, di estinguerci, come organismi non più adatti all’ambiente socio-culturale che, nel frattempo, è cambiato.

Oggi i programmi di centinaia di pagine non li legge più nessuno. Oggi bisogna ragionare per obiettivi concreti, per campagne e progetti, non per strutture e programmi chiusi. Se vogliamo arrivare a parlare a tutti dobbiamo tornare tra la gente e rendere chiari e immediati i nostri obiettivi, avere il coraggio e la forza, la prontezza (l’intelligenza e l’entusiasmo, direbbe Gramsci) di scegliere slogan o parole d’ordine dirette ed efficaci. Io ne propongo quattro, ad esempio:

  • Nuovo patto tra generazioni (studenti e operai uniti nella lotta?), capace di aprire a chi ha lavorato una vita la via della pensione e, a chi aspetta da disoccupato, il mondo del lavoro. Cosa sono disposti a perdere, giovani e meno giovani, per percorrere questa strada?
  • Lavoro di Cittadinanza, questo sì da garantire a tutti, perché il cosiddetto “reddito di cittadinanza” offende la dignità delle persone e questa è un patrimonio da non disperdere. Dove sta il lavoro? Ad esempio nelle emergenze ambientali, infrastrutturali e sociali del paese, per le quali c’è tanto da investire.
  • Scuola e Cultura, Beni Comuni. Per restituire alla Scuola (una Scuola non regno di qualcuno ma comunità educante, cosciente della propria importanza e peculiarità) il ruolo perso di ascensore sociale; per superare la dittatura del presente che ci vuole senza passato, perché così ognuno ci può raccontare la Storia che vuole, fino a rubarci un futuro degno. Perché il contrario di Cultura oggi non è ignoranza ma barbarie (quella che fa rinascere mediocrità populismi nazionalismi e fascismi). Per investire su maestri ed educatori di strada. Per affermare, infine, una nuova disciplina dei Beni Comuni (tra i quali comprendere anche, appunto, Scuola e Cultura), che li renda indisponibili al mercato e al profitto.
  • Ogni nuova tecnologia non sia nociva, né per l’uomo né per l’ambiente. Penso ad esempio al fatto che, nei prossimi anni, un quarto dei posti di lavoro potrebbero andare perduti per l’arrivo dei robot nelle industrie. Non diciamo niente su questo?

Sono solo parole? Parliamone. E riempiamole di contenuti. Perché è da questo che dobbiamo ricominciare: discutere e/o litigare, ma ritrovare il senso di  comunità che non abbiamo più. Magari partendo dalla parola “compagno” (da cum e panis, come dire “ colui che condivide il proprio pane”), della quale non ci dobbiamo vergognare perché in essa è tanta parte (la più bella) della nostra storia.

Luciano Arciuolo

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