Sará presentata al pubblico venerdì 13 agosto alle ore 19:00, presso l’oratorio parrocchiale in Via Amendola a Bagnoli, la riedizione del libro “Andando per strada” del compianto prof. Ferdinando Rogata.
Ci saranno i saluti del presidente del Circolo Pt39 Giulio Tammaro. Interverranno: Federica Rogata, Maria Rachele Branca, Agostino Arciuolo. Modera Luciano Arciuolo.
Questa nuova edizione è stata curata dall’associazione Palazzo Tenta 39, che ne ha sostenuto anche i costi di stampa. D’intesa con la famiglia Rogata, il netto ricavo della vendita del libro verrà tutto devoluto in beneficenza.
La cittadinanza è invitata a partecipare.
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PREFAZIONE Al LIBRO DI AGOSTINO ARCIUOLO
La notizia della scomparsa di Nando ha lasciato attonito chiunque l’avesse conosciuto. Me compreso, a centinaia di chilometri di distanza. E l’essere lontano mi ha spinto a cercare fin da subito una maniera per colmarla. Non riuscivo a pensare che un uomo come lui, sempre carico d’ironia e di vita, ci avesse lasciati soli. Mi è parso impossibile che l’autore di alcune tra le prime poesie lette in vita mia, la persona che tante parole di stima e d’incoraggiamento ha saputo bisbigliarmi all’orecchio senza mai risultare noioso o accademico, avesse dato l’estremo saluto al mondo.
Al pensarci, come in una pellicola in retrospettiva, la mente mi è corsa ai momenti che più di tutti hanno formato il ricordo, il bellissimo ricordo che serbo in me di lui: quella volta che venne a consegnarmi un’intera risma di racconti scritti di suo pugno, alcuni battuti a macchina più di dieci anni prima, altri addirittura a mano, affidandomi l’onore e l’onere di mettervi ordine per curarne la pubblicazione; quell’altra volta che venne poi a bussare al portone di casa per dirmi, il giorno in cui la raccolta vide finalmente la luce, di avere appena finito di leggere la mia prefazione sotto un lampione per la salita del campo sportivo, avendo cominciato a sfogliarla prima di rincasare e non essendo più riuscito a staccarsene. Mi è tornato alla mente pure di quando, appena l’anno scorso, gli telefonai per chiedergli delle copie di quella stessa raccolta per un banchetto di libri usati che stavamo allestendo in occasione della prima festa della Giovane Sinistra. Mi rispose che sì, eccome, volentieri. Se non fosse che non ricordava più dove le aveva messe. Potevo dargli una mano a cercarle? Certo, eccome, volentieri. Così andai a casa sua, mi feci condurre nelle sue segrete stanze e, un po’ come fece quando mi affidò i suoi scritti, mi disse di fare come meglio credevo. Cercammo e cercammo, dappertutto. E trovammo tante cose, tra cui altri suoi scritti e raccolte di poesie che tenni comunque per il banchetto. Di tutto, trovammo. Intorno a noi e fra noi, cose che altrimenti non ci saremmo detti mai. Di tutto. Ma di quello che cercavamo, niente.
“Mi devi scusare, Agostì, chissà che fine hanno fatto ‘sti libri!” mi andava ripetendo con la sua voce squillante, franca, sincera. Ancora riesco a sentirla in fondo alle orecchie. E perciò, come mosso da una specie di istinto, sono andato a rileggermi qualcuno di quei racconti, conservati nel frattempo in una cartella dell’hard disk che da troppo tempo non aprivo. Finché l’occhio non mi è caduto su un file in formato doc dal titolo “La festa (da rivedere)”. L’ho aperto: uno scritto in forma di bozza, in cui è raccontata, tra le mille divagazioni del ragazzino protagonista, l’uccisione di un porco, insieme al rito familiare che prima, dopo e durante accompagna l’intera operazione. Già scorrendone le prime righe, mi sono ricordato della scelta difficile che presi a suo tempo di tenerlo fuori dalla raccolta, sia perché lo stesso Nando lo aveva contrassegnato come pezzo incompiuto sia perché, nell’esigenza di dare coerenza stilistica alla raccolta, ritenni che fosse poco intonato col resto dei racconti. Pensai, forse, di tenerlo là a fermentare, col tacito intento di andarlo a rispolverare (a “rivedere”, appunto) per una qualche occasione futura.
Eccola, dunque: l’idea è germogliata come da sola, forse suggeritami dalla sua anima in volo. Quelle pagine non potevano restare ancora in letargo, a sedimentare in un cantuccio dimenticato del mio hard disk. Tanto più che di quella raccolta, per motivi che l’umana ragione non arriverà mai a comprendere del tutto, non esistono più copie in circolazione. Una riedizione postuma con tanto di inedito: da subito l’idea mi è suonata fin troppo bene per non attivarmi al più presto per realizzarla. Glielo dovevo, ho sentito di doverglielo. E non solo per onorare la memoria di un uomo che tanto ha significato per me e per la mia fregola letteraria, ma anche perché sarebbe un delitto gravissimo consegnare all’oblio quelle pagine, per quanto bizzarre e incomplete, di autentica letteratura.
“Mi devi scusare, Agostì, chissà che fine hanno fatto ‘sti libri!” È così che mi piace ricordarlo, con la sua schiettezza e la testa sempre un poco fra le nuvole, ma pure coi piedi ben piantati in terra. Ecco, caro Nando, ecco “che fine hanno fatto ‘sti libri”. Di nuovo qua a farsi leggere, a farci ridere e commuovere e mordicchiare appena le labbra con gli occhi che non smettono di fare avanti e indietro, avanti e indietro lungo le righe d’inchiostro. Questo oggi vorrei dirti, ovunque tu sia, che tu riesca a sentirmi o meno.
E se è vero che nessuno muore davvero fintanto che qualcuno ne serba intatto il ricordo, allora tu, caro Nando, vivrai ancora a lungo.
Agostino Arciuolo
(Bologna, 16 dicembre 2019)