Antonio Nigro si racconta: “La pastorizia è il mio lavoro. Tanti sacrifici, ma amo questa vita”
L'intervista di Pellegrino La Bruna (Il Quotidiano del Sud)
“Quella che porto avanti è una tradizione di famiglia, faccio questo lavoro con amore anche se è una vita dura. Le soddisfazioni però non mancano”. Antonio Nigro quarantottenne di Bagnoli Irpino, pastore, si racconta al Quotidiano.
Da quanti anni fa il pastore?
“Da sempre. Io e mio fratello Biagio siamo la quinta generazione di pastori. Sin da bambini, da quando avevamo pochissimi anni seguivamo nostro padre. Abbiamo imparato stando con lui. Mi piace definirmi un figlio d’arte”.
E’ un pastore transumante o stanziale?
“La nostra attività la svolgiamo nel comune di Bagnoli Irpino tra lo stallaggio che abbiamo a valle e l’altopiano Laceno. Nei periodi invernali le pecore le teniamo in stalla, poi, agli inizi di maggio, fino a novembre, le portiamo a Laceno a fare l’alpeggio in territorio demaniale, che fittiamo dal Comune. Il tratto che percorriamo per lo spostamento è molto ridotto potremmo dire che è una breve transumanza. Invece fino all’85 ci spostavamo con tutta la famiglia verso il napoletano dove la temperatura in inverno è più calda”.
Quindi lavori insieme a tuo fratello?
“Ci sono anche mio padre e mia madre, nonostante la loro età, ci aiutano tantissimo. E poi c’è mia moglie che mi dà una mano, le donne si occupano soprattutto della trasformazione del latte in formaggio. Come ti dicevo siamo una famiglia di pastori”.
Quanti capi compongono il suo gregge?
“Sono circa trecento pecore di razza bagnolese, ne sono molto orgoglioso”.
Quanto sono importanti i cani per un pastore?
“Ho sei maremmani, di cui quattro maschi e due femmine, addetti alla guardi del gregge. Poi, ho due pastori tedeschi che guidano il gregge e accompagnano le pecore al punto di mungitura, i cani aiutano tanto il pastore, ed in particolare i maremmani quando siamo in montagna proteggono il gregge da attacchi di lupi oppure da altri ospiti non graditi”.
Sono frequenti gli attacchi di lupi?
“Nella piana del Laceno sono diversi pastori che conducono il gregge all’alpeggio, quindi c’è una certa sicurezza. Certo bisogna sempre stare attenti per evitare spiacevoli sorprese”.
Come è cambiato il mestiere del pastore?
“E’ cambiato molto. Oggi disponiamo di attrezzature moderne e ciò ci permette di condurre una vita meno faticosa. In passato bastava un certificato del veterinario per attraversare il confine provinciale e recarsi da un mediatore per acquistare l’erba per il pascolo. Oggi ci vogliono tante documentazioni e certificazioni e ci vogliono giorni per procurarsele. Si parla spesso di incentivare il nostro lavoro ma c’è una burocrazia tale che sottrae tempo al nostro gregge”.
Quale è la giornata tipo di un pastore?
“Non c’è una giornata tipo. Dipende molto dalle stagioni. E’ il periodo in cui partoriscono le pecore e quindi dobbiamo preoccuparci delle pecore incinte, che stanno in un capannone separato. E’ un periodo delicato, in alcuni giorni partoriscono anche cinque pecore e può accadere a qualsiasi ora della giornata. Di solito la giornata inizia verso le sei e mezza: facciamo la mungitura, in questo periodo si mungono poche pecore, perché il latte lo bevono gli agnellini, dopo bisogna dare i cereali agli animali e condurli al pascolo. Poi si portano gli agnelli a succhiare il latte dalle mamme e rifacciamo la mungitura. Quando non ci sono gli agnelli si fa direttamente la mungitura prima della partenza e al rientro. Ogni tre giorni ci occupiamo della trasformazione del latte, abbiamo un caseificio. Ci alterniamo, mentre uno si occupa del latte, l’altro sta col gregge”.
Cos’è la tosatura?
“E’ la recisione del manto di lana che ricopre le pecore. Qui a Bagnoli la si fa tra maggio e giugno, io preferisco maggio perché la temperatura in questo mese è mite ed evito di esporre le pecore ad eventuali caldi del mese di giugno”.
Che tipo di caglio usate?
“Usiamo il caglio di vitello ma per fare un formaggio particolare utilizziamo quello di agnello, di solito nel periodo aprile-maggio. Non a caso c’è il detto antico: latte latteggio aprile maggio, è il periodo della migliore erba quando è più fresca. Produciamo un formaggio particolare, un prodotto di nicchia il cosiddetto “caso muscio”, un formaggio morbido con una pezzatura che va dagli ottocento grammi ad un massimo di un chilo e duecento, è basso come struttura ed è morbido e cremoso. La temperatura di cagliatura è di 32-33 gradi massimo e la pasta trattiene gli aromi, è un formaggio di alta qualità, ottenuto dal latte della pecora di razza bagnolese. Tra le due mungiture mattino e sera non va oltre il litro e mezzo di latte. Lo produciamo solo da dicembre agli inizi di aprile, fino a quando il clima si mantiene freddo. Tra i nostri prodotti anche formaggi da grattugiare, con la rucola, con il peperoncino ed altre essenze”.
Che mercato avete?
“Il giovedì e la domenica andiamo nel napoletano abbiamo clienti che abbiamo ereditato dalla nonna e poi vendiamo qui in paese”.
Che fuscelle usa?
“Quelle di plastica, anche se erano quelle di vimini perché lasciavano traspirare l’impasto. Si parla tanto di prodotto biologico, genuino e poi ci consigliano di usare recipienti in plastica.
Consiglierebbe ad un giovane di fare il pastore?
“Il cuore mi dice di sì, la ragione mi dice di no. Non si è tutelati e bisogna inventarsi ogni giorno qualcosa per andare avanti, per noi è fondamentale la trasformazione del formaggio che ci consente di immettere sul mercato un prodotto tutto nostro”.
Pellegrino La Bruna (Il Quotidiano del Sud)
Le foto
Il Quotidiano del Sud del 15.11.2020
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