Ci sono tanti modi per scambiarsi gli auguri e festeggiare il Santo Natale e l’arrivo del Nuovo Anno. Noi di PT39 abbiamo preferito farlo attraverso il racconto di due storie realmente accadute e magistralmente declinate in scrittura da Massimo Gramellini nella sua rubrica “Il Caffè” da Il Corriere della Sera.
Episodi che devono convincerci e farci sperare che un mondo migliore sia ancora possibile, che la bontà fratellanza e solidarietà tra i popoli – al di là del sesso, religione e colore della pelle – possano diventare realmente patrimonio dell’umanità, un tratto distintivo di ciascuno di noi, radicarsi nella mente e nei cuori di tutti gli esseri umani. Soprusi, violenze, razzismo, intolleranza ed indifferenza, devono essere denunciati (oggi più che ieri) e, per quanto è possibile, messi ai margini nelle nostre comunità.
Auguri a tutti da PT39
La messa non è finita: Se cercate una storia di Natale, questa non la batte nessuno. C’è una famiglia braccata, ci sono i pastori e, al posto della capanna, direttamente una chiesa. La famiglia braccata si chiama Tamrazyan, marito, moglie e tre bambinelli piuttosto cresciuti: il più giovane va al liceo. Sono scappati dall’Armenia per salvare la pelle, ma dopo nove anni di protezione il governo olandese ha esaurito la quota prevista di rifugiati e ha invitato i Tamrazyan a tornarsene in patria. E qui entra in scena il primo pastore, Axel Wick, ministro di culto protestante all’Aia. Padre Wick ne sa una più del diavolo e si ricorda di una norma che vieta alla polizia di entrare «nei luoghi destinati a riunioni religiose, o riflessive di natura filosofica, durante le cerimonie o le riflessioni». Una legge che mette sullo stesso piano una funzione religiosa e un simposio di liberi pensatori spiega perché il Nord Europa rimane il lembo più evoluto del pianeta. Ma non divaghiamo. Il pastore dell’Aia recupera le liturgie degli ultimi dieci anni, le rilega in un unico gigantesco papiro e, alle 13 e 30 del 26 ottobre, davanti alla famiglia Tamrazyan al completo, si mette a dire messa. Dopo cinquanta giorni non ha ancora smesso un minuto. Preti e laici di tutte le fedi e di tutte le lingue si danno il cambio sull’altare.
Fuori dalla chiesa, la polizia aspetta che smettano. Dentro la chiesa, i pastori aspettano il miracolo. Forse non si rendono conto di averlo già fatto.
Massimo Gramellini
Una nobile bugia: Jase Hyndman, orfano scozzese di sette anni, ha scritto con grafia tremolante un biglietto di auguri al padre scomparso e lo ha infilato nella buca delle lettere (esistono ancora), destinazione Paradiso. Le Poste inglesi gli hanno risposto su carta intestata più o meno così: «Caro Jase, abbiamo consegnato con successo la tua importante lettera a papà. È stata una sfida complicata evitare le stelle e gli altri oggetti della galassia, ma abbiamo portato a termine la missione e faremo di tutto per continuare a garantirti il servizio in futuro. Firmato: Sean Milligan, assistente del direttore». Mi piacerebbe stringere la mano a mister Milligan per tante ragioni. Nessun regolamento lo obbligava a proteggere il sogno di quel bambino. Evidentemente ha obbedito a un ordine superiore che parlava dentro di lui. Ma non basta fare la cosa giusta. Poi bisogna resistere alla tentazione di vantarsene sui social. E lui ha resistito: è stata la mamma di Jase a rendere pubblica la storia, che altrimenti sarebbe rimasta un segreto tra il postino, il bambino e la galassia. Mister Milligan avrebbe potuto persino dilatare la menzogna, inventandosi una risposta del padre, ma ha intuito che il piccolo non gli avrebbe creduto. A differenza degli adulti, i bambini sanno selezionare le bugie di cui fidarsi. Tra le tante a fin di male che infestano la politica e la vita in genere, quelle a fin di bene andrebbero tutelate come patrimonio dell’umanità. E poi chissà se sono davvero bugie.
Massimo Gramellini
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