Ciriaco De Mita, appunti per una storia simbolica
Gabriele Maestri - www.isimbolidelladiscordia.it
Di quel volume imprescindibile, De Mita firmò anche la presentazione: “Anche la grafica politica, come il linguaggio – così iniziava – possiede a mio parere caratteristiche sue proprie, un modo specifico di porgere un messaggio, richiamare l’attenzione, spiegare una situazione”, per poi precisare che la grafica politica non poteva essere identica a quella pubblicitaria perché “la promozione di un prodotto non è la stessa cosa che la divulgazione di una idea e di una proposta. Nella società-spettacolo, probabilmente a molti l’indicazione politica parrà fungibile con l’immagine di una qualsiasi merce, ma io attendo ancora su ciò una spiegazione logica e convincente”. C’è da chiedersi se l’abbia trovata mai, anche in seguito; di sicuro, ancora nel 2020, lo si è sentito lamentarsi di parole e discorsi politici dai quali non emergeva “neanche un penziero“.
Dopo averla iniziata come democristiano, De Mita terminò quella legislatura di soli due anni come eletto del Partito popolare italiano: giuridicamente era lo stesso soggetto, ma tra il 1993 e il 1994 si decise che era tempo di tornare all’antico nome sturziano per cercare di voltare pagina e lasciare indietro l’immagine rovinata dalle inchieste sulle tangenti. De Mita fu tra coloro che restarono nella vecchia casa (senza andarsene nel Ccd, nei Cristiano sociali o in altri soggetti), anche se nel 1994 non tornò in Parlamento, visto che i vertici del Ppi decisero di non ricandidarlo per la nona legislatura consecutiva (e lui, che in quella legislatura aveva anche presieduto per qualche mese la Bicamerale per le riforme istituzionali, non la prese proprio benissimo).
Allo scudo crociato, peraltro, non avrebbe voluto rinunciare. Quell’anno, infatti, tra i contrassegni depositati al Viminale si trova anche un emblema denominato Democrazia e libertà, che su fondo azzurro collocava una bilancia a due piatti e, appunto, tre scudi crociati sovrapposti, con i due seminascosti sempre più sfumati: non fu De Mita a presentarlo direttamente, ma era di certo a lui riconducibile. Il Viminale, tuttavia, bocciò quel fregio, ritenendo che fosse confondibile con il simbolo del Ppi; tempo una manciata di ore e quell’emblema fu modi (ficato (si suppone, non senza qualche dispiacere), togliendo di mezzo gli scudi e sostituendoli con la doppia bandiera italiana ed europea (del resto De Mita in quel periodo era ancora europarlamentare).
Ti invitiamo a reastare in tema, essere costruttivi ed usare un linguaggio decoroso. Palazzo Tenta 39 si riserva comunque il diritto di allontanare le persone non adatte a tenere un comportamento corretto e rispettoso verso gli altri.