Covid-19 e la crisi. Come i nostri padri risollevarono l’Italia 75 anni fa

di Antonio Camuso

Il culto della SS Immacolata a Bagnoli Irpino e il miracolo dei dollari degli emigranti nel 1947 (seconda parte)


Un mondo lontano anni luce ci appare a meno di sei mesi di distanza da quello in cui vivevamo, quando pubblicai per Fuori dalla Rete la prima parte di un articolo, dedicato al culto della SS Immacolata a Bagnoli Irpino e al contributo economico dei bagnolesi emigrati all’estero, nel 1947, ai solenni festeggiamenti per l’incoronazione della statua della Madonna.

E’ bastato un virus dalle dimensioni lillipuziane a far crollare come un castello di carte le presuntuose certezze che l’Umanità, dell’Età Moderna, si era costruita e trasformate in dogmi indiscutibili, in quest’alba del terzo Millennio. Concetti come libertà di viaggiare, o semplicemente il poter condividere con gli amici una partita di briscola al bar, sembrano sogni proibiti o, ancor peggio, incubi dai quali dovremo per chissà quanto tempo stare alla larga. Gli stessi riti collettivi religiosi, le cui radici ataviche si perdono nella notte dei tempi dell’Umanità, (come quello del saluto della comunità a chi ha intrapreso il cammino senza ritorno verso l’Aldilà), ci sono vietati o ridotti alla stregua di rappresentazioni virtuali. Mai, come in questo momento, l’Umanità si è sentita sola e smarrita, ma anche conscia del dover rialzare la testa per riaffermare il suo diritto alla sopravvivenza, con uno sforzo collettivo, anteponendo i valori di solidarietà a quelli degli egoismi individualistici e personali, come oggi testimonia il sacrificio e l’impegno delle migliaia di operatori nel campo sanitario. Valori e sentimenti che hanno contraddistinto l’umanità dalle altre specie, dopo che essa, scatenando guerre e stermini di massa, aveva testimoniato sul suo passato animalesco, ma poi, paga di tanto sangue, riscattava la propria coscienza con gesti di grande nobiltà e solidarietà. Al termine del Secondo Conflitto Mondiale (contrassegnato dall’Olocausto, i lager, i bombardamenti sulle città, l’Atomica), nazioni uscite stremate come l’Italia, da esso, in una decina di anni risorsero, grazie ad uno sforzo collettivo di ricostruzione economica, e morale, rando prosperità e fiducia ai loro popoli. Ad aiutarle furono i paesi vincitori, Stati Uniti in testa ma, innanzitutto, milioni di uomini e donne che, nonostante le macerie, la fame e il degrado in cui vivevano, si rimboccarono le maniche. Agli appelli di questi ultimi, risposero i fratelli e sorelle emigrati nei paesi dall’altra parte dell’Oceano, non dimentichi delle proprie origini.

In questo e nei prossimi numeri di Fuori della Rete, propongo ai lettori, una rielaborazione di alcuni miei articoli pubblicati alcuni anni fa, per le pagine della cultura del Quotidiano del Sud (edizione Irpinia) su quanto avvenne tra il 1946 e 1948, prima ancora del famoso piano Marshall, di cui oggi tutti ne richiedono una riedizione, ma del quale poco si racconta dei pesanti condizionamenti politici e militari che esso ebbe in taluni paesi, in primis, Italia e Grecia, trasformati in paesi a sovranità limitata .

Illustrerò come, in assenza di un’Europa tutta da costruire ed appena abbozzata in quel manifesto di Ventotene, e alla quale oggi si chiede aiuto, settantaquattro anni fa, furono i nostri padri e nonni a finanziare con i propri risparmi il prestito della ricostruzione (autunno 1946 – gennaio 1947).  Per il suo successo si mobilitarono le forze migliori del nostro paese senza distinzione di parte e di classe, coinvolgendo partiti, sindacati e associazioni di categoria, tra le quali la camera di Commericio di Avellino e i suoi associati sparsi per tutta la provincia irpina.

Un aiuto finanziario, ma anche psicologico e morale, che si tradusse in forma di solidarietà molecolarizzata in quello che oggi definiremmo il “microcredito” ai clienti in particolari difficoltà economiche. A salvare la vendita al dettaglio e concedere almeno un piatto di minestra al giorno a milioni d’italiani, fu il “quaderno del credito”, sul quale ogni negoziante annotava la spesa di massaie ed impiegati, in attesa di vederlo saldato a fine settimana o fine mese o semplicemente quando ce ne fosse stata la possibilità. In quei giorni difficili, di settantaquattro anni fa, a poco più di un anno dalla fine della guerra la vita era particolarmente dura e regolata ancora da tessere annonarie che davano diritto a quote prestabilite di generi di prima necessità, mentre sopravviveva un mercato collaterale particolarmente odioso, quello della borsa nera, erede degli anni bui della guerra.   Era un’Italia percorsa da cortei di disoccupati, con il disagio sociale che sfociava a volte spesso in rivolta popolare e dove la scarsità di farina costringeva il Governo a ridurre la razione di pane giornaliera a 200 grammi procapite, avendo solo 48 giorni di scorta nazionale, o quando il commissario prefettizio di Avellino, il commendatore Giosuè annunciava che .” si potrà ritirare con i tagliandi di novembre-dicembre della carta annonaria del 1946 la razione mensile di grammi 300 di zucchero al prezzo di lire 149 al Kg e 5 KG di patate a persona, al prezzo di lire 25 al Kg”. -Purtroppo dei 231 miliardi di lire raccolti in un’operazione che incamerò il 10 per cento dell’intera massa di denaro liquido circolante nel 1946, la gran parte fu finalizzata alla ricostruzione del sistema industriale del Nord e delle sue infrastrutture, anche in nome di un suo presunto primato nel contributo alla lotta di Liberazione dal Nazifascismo, dimenticando, l’intera classe politica, che la prima città, ad insorgere e liberarsi da sola fu la Napoli proletaria e come, migliaia di meridionali parteciparono alla Resistenza e che dei 600.000 soldati (Internati militari) rinchiusi nei lager tedeschi, che rifiutarono di vestire la divisa dell’Esercito fascista di della Repubblica di Salò, la maggior parte fossero meridionali. A distanza di pochi mesi da quel Prestito di Ricostruzione, non vedendo le ricadute sperate, gli irpini presero la decisione di inviare una loro personale “missione diplomatica”: la Missione Irpina negli USA. Essa, sotto il patrocinio del capo del governo on De Gasperi, dal novembre 1947 visitò i luoghi della emigrazione irpina negli USA, incontrando i maggiorenti della comunità italiana emigrata in America, in cerca di un aiuto economico e un sostegno politico. Una delegazione emblematicamente composta dall’Onorevole Costantino Preziosi, avellinese, cattolico impegnato socialmente, e il generale De Rienzi, ex-comandante, a Roma, della divisione dei Granatieri di Sardegna che, l’8 settembre 1943, insieme agli antifascisti romani si era opposta con le armi, a Porta Pia, ai carri armati tedeschi.  Con uno striminzito budget di un milione di lire stanziato della Presidenza del Consiglio, a cui aggiunsero dalle loro tasche, la bella cifra di 500.000 lire, la Missione Irpina riuscì ad innescare un incredibile moto di solidarietà tra gli irpini emigrati negli USA. Tanto fu l’entusiasmo tra la comunità italo-irpina che la missione fu costretta a rinviare la partenza al 5 gennaio 1948, con il piroscafo Saturnia, dopo aver saldato il conto dell’albergo Paramount nella 46 esima strada: una stanza spartanamente divisa con due letti tra l’onorevole e il Generale, al costo di 7 dollari il giorno. Sullo stesso piroscafo come leggiamo sul Tartarino del 20 gennaio del 1948, c’era un souvenir particolare dell’onorevole Preziosi: 1000 libbre di pasta per i 300 bambini dell’Orfanatrofio di Avellino mentre si moltiplicavano attestazioni come quella annunciata dallo stesso Preziosi in un suo comunicato: , ” il sign Raffaele Siconolfi presidente della società di beneficenza di Guardia Lombardi di New york ha comunicato per lettera all’on Preziosi di aver messo a disposizione quanto depositato sin dal 1922 presso il Credito Italiano di Sant’Angelo dei Lombardi insieme  a quanto trovasi in America e a quanto si andrà a raccogliere per il Comitato di Ricostruzione dell’Irpinia e metterlo a disposizione in particolare per il progetto e la realizzazione dell’acquedotto di Guardia Lombardi”.”-

Oggi, mentre si attende la risposta della Banca Europea sull’emissione dei Coronabond, molti sono i dubbi sulla destinazione finale delle ingenti risorse finanziarie reclamate trasversalmente dall’intera classe politica.

Ancora una volta in nome del primato del Nord super-industrializzato, e che ha pagato un alto tributo in vite umane al Coronavirus, il Sud farà la parte della Cenerentola accontentandosi di poche briciole assistenzialiste? O invece facendo tesoro del caso lombardo-veneto e la sua crisi della filiera produttiva, occorrerebbe ridisegnare una più equa distribuzione del tessuto produttivo italiano, spostando parte delle produzioni al Sud e ridando speranza di rientrare ai tanti giovani che lo hanno abbandonato, o sono in procinto di farlo? Il Coronavirus, paradossalmente, potrebbe generare meccanismi che arresterebbero desertificazione e l’invecchiamento delle piccole comunità del Sud, in particolare montane, come quella di Bagnoli Irpino? Forse occorrerebbe prender spunto da quell’esperienza della Missione Irpina, nell’era in cui non vi è bisogno di salire su un transatlantico ed impegnarsi in un tour de force di conferenze presso le associazioni e le case dei nostri fratelli emigrati sparsi per il mondo! Oggi, grazie agli strumenti messi a disposizione dei socialmedia, idee, progetti, nuove forme d’impresa da proporre da parte di giovani irpini, che non volessero abbandonare i nostri territori, non avrebbero ostacoli!

 Perché quindi attendere ancora una volta con il cappello in mano l’aiuto da una classe politica che considera il Meridione solo un bacino a cui attingere voti, promettendo unicamente assistenzialismo?

La solidarietà al tempo dei social: le foto delle cartoline emesse nel 1946 per sostenere il prestito della Ricostruzione  che allego al seguente articolo appartengono alla collezione privata del signor Alessio Zappalà, siciliano , che come me , originario di Montella e residente a Brindisi, Vinicio Sesso, montellese e residente a Bergamo e tanti altri meridionali, han voluto tramite i social, condividere la passione per la filatelia con  i filatelici di Bergamo, una delle città più colpite dal Coronavirus, cercando così di sostenere psicologicamente  i nostri fratelli del Nord. La vignetta che allego appare in seconda pagina del Tartarino del 16gennaio 1948 che riportava in prima il successo della Missione Irpina. Nella vignetta una macilenta famiglia avellinese con in mano bandierine americane in una stazione di Avellino ugualmente addobbata aspetta vanamente l’arrivo degli aiuti promessi dal governo USA a De Gasperi. Il dubbio che anche quelli siano finiti su un binario morto della capitale e lottizzati a scopo clientelare. Una conferma come l’Irpinia si affidasse in quel momento solo a ciò che i suoi figli emigrati gli avrebbero donato.

Antonio Camuso

(da Fuori dalla Rete, Maggio 2020, anno XIV, n. 2)

(N.d.r. La prima parte dell’articolo intitolato: “Il culto della SS Immacolata a Bagnoli Irpino e il miracolo dei dollari degli emigranti nel 1947”, pubblicata sull’ edizione di settembre 2019 del giornalino “Fuori dalla Rete”, è consultabile sul sito www.pt39.it)


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