Elezioni politiche, L’Irpinia rischia di non essere rappresentata nella prossima legislatura
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A un mese esatto dal voto del 25 settembre quel che più risalta sul campo degli addetti ai lavori e degli osservatori interessati sono al momento solo i nomi depositati dai partiti presso la Corte di Appello di Napoli.
Il combinato disposto tra le aberrazioni del Rosatellum Bis – a cui tre governi non hanno saputo mettere mano dal 2018 a oggi – e soprattutto per la scure del taglio dei parlamentari, marca sui territori quel senso di assoluta marginalità cui le aree interne come Irpinia e Sannio sembrano irrimediabilmente condannate da tempo. Lo abbiamo ripetuto più volte, Avellino rispetto ai 7 parlamentari della scorsa legislatura ambisce oggi ad eleggerne al massimo 3, due alla Camera piu l’uninominale del Senato. Dunque è acclarato come la gran parte dei candidati è assoldato ad un mero turno di rappresentanza.
Rappresentanza che imporrebbe, secondo una logica ormai aliena dalla politica della cosiddetta Terza Repubblica, il dovere, quand’anche la “creanza” di correre egualmente con impegno e convinzione anche sapendo di partire già sconfitti. A riguardo, chiedere al deputato uscente del Pd, Del Basso De Caro. È sempre così, e anche questa tornata lo conferma: le istanze che vengono dai territori in una comunicazione senza fili con i palazzi romani presidio delle varie formazioni politiche spesso si perdono per strada, e con loro chi dovrebbe rappresentarle.
Alcuni casi, tangibili e significativi, sono qui a ribadirlo. Per il centrodestra, al netto delle insistenti trattative portate avanti in questi mesi da Angelo Antonio D’Agostino, è stato Gianfranco Rotondi a spuntarla per la casella dell’uninominale Camera. Un irpino “di ritorno” che a distanza di 26 anni è stato scelto quale “collante” dai riferimenti della coalizione irpina a discapito in primis di un deputato uscente, Cosimo Sibilia, e in seconda battuta di chi il territorio, a destra, lo rappresentanza da anni, al netto dei risultati, come Giovanni D’Ercole (Fd’I). Al Senato, punito anche il Sannio che dava già per certo il nome di Domenico Matera, coordinatore dei meloniani di Benevento, quando ecco rispuntare dal cilindro l’ex deputata Giulia Cosenza, che a queste latitudini non si mostrava da anni. Per non parlare dei listini. De Angelis, coordinatore dei forzisti irpini, in una notte passa da terzo a quarto. D’Agostino, da par suo, ha garantito comunque massimo impegno nei confronti del collega Rotondi, che a sua volta non ha lesinato ringraziamenti ed elogi all’imprenditore che solo quattro anni fa corse nella stessa casella ma con il centrosinistra, con la civica di Beatrice Lorenzin.
Fatto salvo il radicamento del Partito democratico, che è riuscito a esprimere nomi chiaramente identificabili con l’Irpinia quali Maurizio Petracca e Carlo Iannace – oltre a Rosetta D’Amelio e Caterina Lengua seppur in posizioni che lasciano loro ben poche speranze -, e il deputato uscente Michele Gubitosa per il Movimento 5 Stelle che a suo modo ha portato nelle “urne” virtuali 50 mila iscritti per le Parlamentarie, la vera gigantesca anomalia di questa tornata sta, ci pare, sul versante di Italia Viva.
L’altra metà del Terzo Polo che ha scelto come frontrunner Carlo Calenda, non ha espresso alcun nome non solo in Irpinia ma in tutta la Campania. Ovvero il vero fortino renziano non solo al Sud, ma di tutto lo stivale, per l’ex premier di Rignano. Alla Camera c’è infatti, da poco entrato in Azione, l’ex sindaco di Teora Stefano Farina, al Senato c’è Francesca Mite.
Parliamo di quella che è sempre stata, all’ombra del Vesuvio e non solo, una colonia deluchiana o squadra Primavera del Governatore che dir si voglia. Il movimento libdem ha infatti espresso numeri impressionati alle ultime regionali (circa 174 mila voti, pari a il 7,4%), dunque una nutrita pattuglia di eletti, ben quattro, a partire dall’irpino Enzo Alaia, recordman di preferenze, presidente della commissione Sanità di Palazzo Santa Lucia. Né lui, né l’ex presidente di Palazzo Caracciolo Domenico Biancardi, così come il coordinatore provinciale Beniamino Palmieri che tra i tre è il renziano più convinto sin dai tempi del Pd, saranno della partita. Non è dato sapere se sul piatto della bilancia abbia pesato di più una possibile e insistente richiesta di desistenza da parte di De Luca o il fatto che Matteo Renzi (capolista all’uninominale per il Senato per Campania 1) abbia ben pensato – come fece da segretario “in partenza” del Pd – di blindare esclusivamente i parlamentari uscenti. Resta il fatto che una forza in grado di spostare decine di migliaia di voti non sarà della partita, se non a bordo campo.
E meglio di loro non hanno fatto i neonati Azionisti locali, che dalla loro hanno oltre la buona volontà il “vantaggio” di non avere voti preesistenti da dover ripesare (quarto nel listino del Senato c’è il consigliere del ministro Carfagna, Mimmo Gambacorta, arrivato con i transfughi di Forza Italia). Questo il quadro politico. Ancora un mese, poi la sentenza dei numeri.
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