In questa edizione natalizia del giornalino Fuori dalla Rete vi proponiamo un documento storico particolare. Per la prima volta l’argomento trattato riguarda la cronaca nera. Una tragedia nella tragedia. Il terremoto che in un attimo cambia le vite di migliaia di persone, case distrutte, vite spezzate, macerie ovunque. Un uomo che in novanta secondi perde tutto quello che aveva costruito con anni di sacrifici in terra straniera. Il ritorno in Svizzera, questa volta non da emigrante ma da ospite, a casa dei figli in attesa di poter ritornare a vivere una vita normale nel proprio paese natio e poi un malore, improvviso, che non lascia scampo. Una tragedia che sconvolge una comunità. Una brutta storia che probabilmente i più anziani ricordano ancora, una tragedia che come tante altre fa parte della storia della nostra comunità e che ci è sembrato giusto non dimenticare. G.T.
A.G. manovale di Bagnoli Irpino, stroncato da stress a Basilea.
Dal nostro Inviato ZURIGO — Aveva rivisto Basilea domenica sera, scendendo alla stazione coi figli che erano andati a prenderlo a Bagnoli Irpino dopo il disastro del 23 novembre. In Svizzera A. G., 57 anni, c’era già stato per quasi tre lustri e lavorava come manovale nei cantieri edili e nelle costruzioni stradati. Quattro anni fa era tornato nella sua terra per godersi quella casetta, tirata su con tanti sacrifici che il terremoto ha spazzato via in pochi attimi. A. G. è morto l’altra notte nell’ospedale cantonale, stroncato dal trauma nervoso. Una storia dell’emigrazione, la storia di un lavoratore del Mezzogiorno. E si ripensa a vicende umane come questa mentre il taxista, che è di Narsico Nuovo e vive qui, da vent’anni, coglie l’occasione per uno sfogo amaro, a cuore aperto: ma lo sa cosa mi dicono gli svizzeri in questi giorni? Che la sottoscrizione per i terremotati la fanno volentieri, ma che non servirà a niente perché in Italia c’è troppa corruzione, troppa mafia e i soldi finiranno chissà a chi… E’ umiliante, mi creda. Ma finirà mai questa vergogna? Emigrazione e morte di un terremotato A. G., manovale di Bagnoli Irpino, stroncato da stress a Basilea. Ma di quale Italia si tratta? Ce ne sono due, persino qui, in emigrazione. C’è l’Italia di quell’insensibile funzionario delta nostra ambasciata di Berna che lunedi mattina, a poche ore dal sisma, rispondeva seccato alle insistenze del compagno Rizzo, segretario della Federazione del PCI a Zurigo, perché si procedesse subito ad una verifica delle prime informazioni sulla zona terremotata: a ma a voi, scusi, cosa interessa? E c’è l’Italia dei comunisti delle sezioni zurighesi, di Affollen, di Embrach, di Wald, che a venti ore dal disastro, mentre i consolati non sapevano ancora come organizzare la generosa e spontanea mobilitazione degli emigrati, stavano già raccogliendo fondi ed indumenti; l’Italia dei venticinque operai emigrati della fabbrica metalmeccanica di Sccbach che hanno offerto subito una giornata di lavoro. Lo si vede anche qui che camorristi e ministri «chiacchierati» sono solo una parte della realtà italiana, che uno e stato onesto, serio, una forza che dia affidamento, di fatto già esiste conta, anche te non ha poteri. E’ una forza che è già presente e attiva in queste ore che vedono continuare l’afflusso di grappi di profughi dalle zone del terremoto. Dall’Irpinia e dalla Basilicata arrivano non solo anziani rimasti soli, ma famiglie, intere, molti giovani delusi dalle troppe prove di inettitudine di chi dirige oggi il nostro paese, senza fiducia nelle capacità di coloro che dovrebbero riportare la vita in quelle terre sconvolte. Non è difficile capirne lo stato d’animo ma si profila così il rischio di un ulteriore dissanguamento delle energie del Mezzogiorno, di un impoverimento grave delle forze su cui la ricostruzione potrebbe fare leva. Dice il compagno Rizzo: “Se gli arrivi dovessero continuare, si determinerebbero, assai presto, grossi problemi per quanto riguarda l’assistenza sanitaria, l’inserimento dei bimbi nelle scuole, la casa. Bisogna che le rappresentanze diplomatiche italiane predispongano fin d’ora gli eventuali interventi. Non deve più accadere quel che è avvenuto col terremoto. Un nuovo ritardo sarebbe davvero imperdonabile”.
Pier Giorgio Betti, L’Unita del 5.12.1980
(da Fuori dalla Rete, Gennaio 2022, anno XVI, n. 1)
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