Forza Beirut

di Gino Di Capua

Ce la farai anche stavolta ad uscire dall’inferno!


BEIRUT, la città portuale per eccellenza, cosmopolita e moderna, sopravvissuta a diverse e innumerevoli calamità e ostilità, è stata di nuovo gravemente ferita dalla negligenza, l’inettitudine dei governanti e l’incoscienza umana portando, ancora una volta, tragedie fra innocenti cittadini.

Risorta sempre dalle sue ceneri, Beirut acquisisce, a ragione, il titolo di “città che rifiuta di scomparire”.

FORZA BEIRUT. CE LA FARAI ANCHE STAVOLTA A USCIRE DALL’INFERNO!

Aver abbandonato materiali altamente esplosivi in un deposito nel porto di Beirut rasenta un crimine contro l’umanità.

Quasi 3000 tonnellate di nitrato di ammonio in pieno centro, vicino a una fabbrica di fuochi d’artificio. Il pericolo era stato più volte segnalato ai responsabili.

Secondo la fonte della sicurezza libanese l’enorme esplosione ha creato un cratere profondo 43 metri facendo più di 150 morti e 6000 feriti secondo l’ultimo rapporto, mentre restano disperse ancora decine di persone.

È orrendo quanto accaduto… persone che erano lì un attimo prima trascorrendo la loro vita e un attimo dopo…

Nemmeno i cordogli da tutte le istituzioni mondiali potranno arginare una ferita cosi profonda come questa: il Medio Oriente è devastato sotto ogni aspetto, e chissà per quanto tempo ancora.

Siamo dotati di un cervello molto avanzato in natura, ma spesso viene spento colpevolmente e a volte volutamente, soprattutto in persone che ricoprono responsabilità nei confronti della società.

I giorni susseguenti all’esplosione migliaia di manifestanti arrabbiati con la classe dirigente accusata di corruzione, incompetenza e abbandono, hanno preso d’assalto i ministeri e hanno marciato attraverso il centro di Beirut per gridare vendetta. Brandivano forche improvvisate che simboleggiavano la rabbia contro i dirigenti politici.

La giornalista Fifi Abou Dib si è rivolta al presidente Michel Aoun: “Dite loro che non abbiamo più coraggio… Dite loro che non saremo mai più acquiscenti. Che siamo pieni di rabbia omerica. Che il silenzio è preferibile alla loro abietta finzione. E lasciate che le folle sopraffatte dal dolore preparino già la forca… se non se ne vanno di loro spontanea iniziativa”.

Il Libano: questo Paese, una volta definito la “Svizzera del Medio Oriente” per il suo carattere cosmopolita e la sua apertura al mondo esterno del vicino oriente, è al default, al collasso totale. Crisi economica, finanziaria, politica, covid-19.

Un Paese che importa l’80% di ciò che consuma, con i conflitti ai confini, Siria, Israele. Politica internazionale e interna complicatissima. Terribile.

Mancava la grande esplosione di questo deposito IRREGOLARE di nitrato di ammonio, sulle cui cause nessuno può dire niente per adesso, per mettere definitivamente il ginocchio un’intera popolazione.

Non è un paese in guerra e non è certamente un paese iscritto nelle black-list internazionali e ora hanno bisogno di aiuto come non mai.

Aldilà delle fesserie di Trump, personaggio privo di senso istituzionale, di capacità diplomatiche che afferma che lo scoppio di Beirut è stato probabilmente un “attacco”, qualcosa dobbiamo e possiamo fare.

Il Libano che ospita un contingente di pace guidato dall’Italia, pur se in quest’occasione straziante potrebbe essere un’opportunità per predisporre un piano di aiuti economici per ricostruire Beirut.

“È UN VERO DISASTRO”! Con queste parole che il primo ministro libanese, Hassan Diab, ha chiesto aiuto alla comunità internazionale.

L’Europa deve mobilitare subito le forze di soccorso per aiutare questa nazione già messa in ginocchio.

…E con speranza che ci siano sempre meno “ponti Morandi” sopra le nostre teste o sotto i nostri piedi.

Gino Di Capua

(da Fuori dalla Rete, Agosto 2020, anno XIV, n. 4)

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