Se davvero l’umanità riuscirà a fermare la corsa del riscaldamento globale e, quindi, quella verso la propria fine, lo dovrà anche ad un’esile ragazza svedese, Greta Thunberg, che, grazie ad un’insospettabile forza e ad una caparbia eccezionale, ha imposto il tema all’attenzione del mondo intero.
Eppure…
Eppure Vittorio Feltri, direttore del quotidiano più stomachevole d’Italia, “Libero”, il 21 settembre scorso, ne parlava così: “A me Greta è antipatica anche se è una ragazzina che andrebbe protetta, soprattutto da se stessa… Greta e i suoi numerosi seguaci rimbecilliti continuano a intossicarci l’anima con prediche di stampo ecologista…La realtà è che l’ambiente sono loro a rovinarlo con la loro presenza di queruli scassaballe, ignoranti o meglio disinformati.”.
Del resto, Feltri, agli inizi di maggio scorso, aveva già scritto della piccola svedese, “Di sicuro non diamo retta ad una adolescente racchia e saccente come Greta, la quale poverina non è una scienziata e porta pure sfiga.” Nello stesso articolo il grande direttore accusava la ragazza, infatti, di aver provocato l’arrivo sull’Italia del cattivo tempo del maggio scorso.
“Libero”, il giornale di questo straccivendolo, si è distinto negli anni per titoli come: “Calano fatturato e PIL ma aumentano i gay”, “Comandano i terroni”, “Bastardi islamici”.
Insomma, Feltri non è un giornalista ma una sorta di venditore ambulante molesto, un pennivendolo. Uno che ha sempre scodinzolato ai piedi del ducetto di turno (ha cominciato con Berlusconi). Però i suoi toni da strillone scandalistico e bacchettone, il suo razzismo, la sua xenofobia, avvelenano il clima, in tutti i sensi. Esattamente come fanno i suoi attuali riferimenti: Donald Trump e Matteo Salvini.
Feltri è una figura arcigna, bavosa ma, in fondo, triste. Che fa pena.
Ma si capisce: mangia quasi esclusivamente risotto, come ricorda spesso ai suoi interlocutori. Per questo mi permetto di dargli un consiglio: provi con un’amatriciana o una carbonara. Magari anche con una semplice pizza, accompagnata da una appetitosa fetta di pastiera, da un babà o da un cannolo siciliano. A volte fanno miracoli.
Luciano Arciuolo
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