Intervista al pediatra Americo Nicastro: “Il vaccino Covid ai bimbi non viene fuori dalla pentola di uno stregone”
di Flavio Coppola (Orticalab.it)
Prosegue il dibattito tra i pediatri sui vaccini agli under 11. Americo Nicastro, specialista in pediatria, non ha dubbi: «La mortalità infantile fino agli undici anni è alta. Ecco perchè siamo favorevoli. Se non li vacciniamo, questa pandemia non finirà più. Chi ci dice che non generino altre varianti più aggressive? Già oggi non sono pochi i casi di severo interessamento respiratorio, di malattia di Kawasaki o addirittura di Sindrome Infiammatoria Multisistemica Covid-correlata».
«Ho letto l’intervista rilasciata dal dottor Trodella relativa all’utilizzo del vaccino anti-covid nei bambini tra 5 e 11 anni e, nonostante la lunga amicizia ed alcuni decenni di esperienza in comune presso l’U.O. di Pediatria dell’A.O. Moscati, mi permetto di dissentire per i motivi che vado ad esporre». Comincia così il ragionamento del dottor Americo Nicastro, specialista in pediatria già in forza al “Moscati” e oggi libero professionista.
Prego dottore.
«E’ vero che l’infezione da Sars-Cov-2 in prevalenza decorre in maniera asintomatica o paucisintomatica in quella fascia d’età, tuttavia è pur vero che non sono pochi i casi di severo interessamento respiratorio, di malattia di Kawasaki o addirittura di Sindrome Infiammatoria Multisistemica Covid-correlata. Quest’ultima interessa solo lo 0,6% dei bambini affetti da Sars-Cov-2, ma con disfunzione multiorgano – cuore, polmoni, encefalo, reni – fino a richiedere, spesso, il ricorso alla terapia intensiva».
L’obiezione del genitore medio e di chi, in generale, resta scettico, riguarda le scarse conoscenze sugli effetti a lungo termine. Che ne pensa?
«Ma il vaccino non viene fuori dalla pentola di uno stregone del Mozambico, ma da studi già certificati. Se ci sono organismi come Ema e Aifa che si apprestano ad approvarlo, questa è una garanzia che deve tranquillizzare tutti. Non per creare allarmismo, ma la mortalità in epoca infantile è all’uno per mille da zero a 5 anni, ma sale anche al 4 per mille fino agli undici anni. Può essere di scarso valore per un anziano, ma è tanto per un bambino. Se non vacciniamo questi piccoli noi non riusciremo mai ad avere un controllo del passaggio del virus e questa epidemia non finirà mai. Neppure nei paesi evoluti come il nostro. Oggi un bambino che si ammala per 5 giorni deve far un tampone. Quanti ne vogliamo fare fino a fine anno?»
Non c’è il rischio che poi, anche qui, si debbano fare più dosi?
«Questo non lo si esclude, ma chi ci dice che fra sei mesi o un anno in Uganda non si isoli una variante del virus che possa interessare maggiormente l’età giovanile? La variante indiana con cui facciamo i conti non si è isolata certo in Brianza. Dato che la popolazione mondiale non avrà il vaccino per anni, io dico che è giusto cominciare a proteggere i nostri bambini da adesso. Queste cose si studiano da 20 anni, e c’erano lavori già avanzati sulle Mrna, poi traslati sulla ricerca di questo vaccino. Questo ci ha permesso di aver il vaccino in poco tempo. Ma intanto già sappiamo quali possono essere le conseguenze del Covid».
Per esempio?
«Ad oggi non è dato sapere se tali patologie possano avere sequele, anche nel medio e lungo termine. Considerato il fatto che larga parte della popolazione mondiale non abbia tuttora accesso alla vaccinazione, non si può escludere che si vengano a selezionare delle varianti con caratteristiche di maggiore aggressività sulla popolazione infanto-giovanile. Altresì, posto che il vaccino avrà l’autorizzazione all’utilizzo in età pediatrica solo dopo aver superato tutti gli step, anche se accelerati, della sperimentazione clinica e l’approvazione di organi di garanzia quali FDA, EMA e AIFA, mi sento di invitare tutti a sottoporre i propri figli con fiducia alla vaccinazione anti-covid, nell’interesse proprio e della collettività».
Le percentuali di cui parla bastano, dunque, per correre il “rischio” di vaccinare i bimbi?
«Io non voglio creare allarmismi, ma con la sindrome infiammatoria multi sistemica si va in terapia intensiva nell’85 per cento dei casi e c’è una mortalità alta. Per me queste percentuali sono più che sufficienti, anche perché non sappiamo quale nuova variante ci arriverà».
E le dosi?
«Soffermarci su questo è perfettamente inutile. La sperimentazione fatta già in America prevede una posologia calcolata rispetto al peso e alle condizioni. E’ evidente questo».
Quando si potrebbe cominciare?
«Fda ha già dato il suo assenso. Ema non da le approvazioni a cuor leggero, e prende anche parecchio tempo prima di dare il suo consenso. Poi tutto passa all’Aifa, che prende altro tempo. Penso che poco prima della Primavera dovremo avere il consenso e partire. Ma dobbiamo essere tutti lucidi».
Lei è stato al “Moscati” per anni e ora svolge la libera professione. Come è la situazione oggi, dopo due mesi di lezioni in presenza?
«Oggi è abbastanza tranquilla perché c’è un buon filtro territoriale fatto dai pediatri di libera scelta che curano a domicilio queste patologie, che possono complicarsi con la bronchiolite. Anche sul virus sinciziale, lì sono d’accordo con Trodella. Si è un po’ esagerato. E’ vero, lo conosciamo da 40 anni. Nel 1978 a Napoli sono morti bimbi prematuri, malnutriti o con altre patologie, ma ormai anche le terapie sono cambiate. Quindi su questo mi sento di essere tranquillizzante. Ora dobbiamo prepararci, è ovvio che non ci sarà un consenso unanime nella comunità dei pediatri, ma questo appartiene al gioco della democrazia. Ma la maggior parte di noi penso sia favorevole al vaccino in età pediatrica. Ormai si è capito sul campo che il vaccino si può fare. Non escludiamo che lo si debba fare tutti gli anni, come è successo per l’influenza stagionale. Ma lo capiremo lungo il percorso, oggi è chiaro ed è l’unica salvezza che abbiamo».
Grazie dottore.
«A lei».
Flavio Coppola (Orticalab.it)
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