Irpinia, tutti possono resistere e fare turismo?

di Giulio D'Andrea (Irpiniapost.it)

Borghi d’Italia, Appennino da ripopolare, case a un euro, bandiere arancioni del Touring Club, restanza, esperimenti col teatro e con l’arte, alberghi diffusi nei centri storici, architetti al lavoro per pensare e proporre nuove soluzioni, nuove forme di turismo.L’Irpinia sembra diventata un laboratorio sulla lotta allo spopolamento. Naturale, si dirà. La paesologia è nata qui e da queste parti non mancano altri testimonial sulle tematiche. Inoltre non c’è mare e non c’è sfogo. Gli unici cambiamenti rapidi ai quali abbiamo assistito negli ultimi anni sono quelli negativi, vedi i tagli ai servizi. Siamo tutti interni nell’interno delle aree interne. E poi c’è tutto, anche quello che non dovrebbe esserci. Meraviglie ed orrori, abbandono e vitalità. L’architetto Federico Verderosa, che sta curando un master sulle aree interne, ha scherzato: “Vedi però? Abbiamo prolungato l’estate dei confronti e dei dibattiti su che fare, come restare. Prima non avveniva“. E’ vero, in questi giorni molti borghi sono stati vivi. Di studenti e docenti, di curiosi e visitatori. Punti di vista e soluzioni non sembrano più embrionali. C’è anche una Confindustria che è vicina a certe zone e determinati argomenti.

C’è Paolo Caruso, sindaco di Zungoli, che nell’albergo diffuso di Castelvetere spiega il modello del suo paesino (foto in basso). Quel modello che lo ha portato ad ottenere la bandiera arancione del Touring (moltiplicatore di flussi turistici senza dubbio). “La bandiera arancione ci ha dato la forza di continuare“, ha esclamato mentre evidenziava i progetti su agricoltura, transumanza, inserimento nei percorsi come la via Francigena. Zungoli, microscopico borgo, ce la può fare. E magari potrebbe farcela anche Cairano. E naturalmente Quaglietta (foto in copertina), forte della sua vicinanza alle terme e punto d’approdo in Irpinia dal versante Salerno. Attenzione però alla cosiddetta restanza, a interpretarla male, perché a volte gli slogan sono ingannevoli più di ogni cosa. Oppure, volendo giocare con l’arte della “citanza”, immaginazione non significa menzogna per dirla alla Pennac.

Il pensiero del professor Vito Teti è sì uno stimolo a rimanere e a fare da qui le piccole o grandi rivoluzioni culturali e non. Ma lo stesso Vito Teti, al quale gli slogan non piacciono, sostiene che non possono salvarsi tutti i paesi. Insomma, Teti è un realista e non un sognatore. Ma a volte le parole fanno sognare senza piedi per terra. Per una Zungoli che ce la fa, potrebbe esserci un borgo che sogna e che resta comunque a secco: a secco di abitanti, idee, visitatori. E un paese ipotetico (dal Piemonte alla Sicilia passando per l’Irpinia) può far danni: magari può beneficiare di risorse pubbliche e toglierle al paese limitrofo che forse le meriterebbe di più. Certe dinamiche dovrebbero ricordarle i grandi irpini protagonisti del dopo-terremoto…

Intanto la sfida per gli architetti, come ammette anche nello stesso master il professor Lelio Oriano Di Zio che ha portato il positivo esempio abruzzese diSanto Stefano di Sessanio, non può andare oltre determinati limiti. Un architetto non fa turismo. E Di Zio aggiunge. “Recuperare un borgo è un dovere culturale? E’ possibile? E soprattutto è sostenibile? Se non rispondiamo affermativamente a queste tre domande è possibile fare ben poco“. Ma se parliamo d’altro, non di recupero e di restauro in senso stretto, le domande restano le stesse. “Fare turismo è un dovere culturale? E’ possibile? E’ sostenibile?“. E aggiungeremmo. “Davveroogni paese merita di diventare meta turistica?“.

Il punto di vista del professor Mario Rispoli, altro personaggio incontrato in questi giorni, è illuminante. “Turismo di queste aree interne? Ma sì, un po’ si potrebbe anche concepire. Però senza una rete di produzioni locali non porterebbe numeri sufficienti in chiave economica“. E sarebbe bellissimo che tutti, ma proprio tutti i nuclei abitati resistessero al tempo, ai mutamenti, ai grandi centri commerciali. Ma è possibile? Ed è possibile che tutti abbiano la pretesa di produrre prima e accogliere visitatori poi? Dal dubbio dell’architetto a quello dell’operatore turistico, si arriva facilmente al dubbio dell’abitante stesso o di chi è chiamato ad amministrare a vari livelli. “Restare o resistere è un dovere culturale? E’ possibile? E’ sostenibile?“. E’ una domanda che visti i dati sullo spopolamento, soprattutto in Alta Irpinia, sarà sempre più attuale. Insopportabile come quesito, siamo d’accordo. Ma inevitabile. Vale per le scuole e per altri tipi di servizi. Il coraggio di restare deve anche tradursi nel coraggio di portare avanti scelte impopolari in prima battuta per raccogliere benefici in seconda. Ma deve soprattutto diventare il coraggio di scegliere bene la varie direzioni da prendere. Il turismo è solo una di queste.

Giulio D’Andrea

fonte Irpiniapost.it
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