L’Italia vive una crisi culturale che, nel futuro, avrà effetti probabilmente ancora più devastanti di quella economica e sociale che stiamo vivendo.
Una premessa: la cultura è fondamento della democrazia, perché i regimi totalitari o di finte libertà (ce ne sono tanti), sfruttano esattamente l’ignoranza delle persone, disposte a star dietro a chi sa sfruttare la situazione.
Ora, in Italia e da anni, nei posti di responsabilità, dove servirebbero appunto cultura e conoscenze, il politico di turno piazza il fedelissimo, senza preoccuparsi della sua competenza e della sua indipendenza, mettendo da parte ogni considerazione del “merito” come criterio essenziale di scelta (In Irpinia siamo stati maestri). In questa situazione, paradossalmente, ha effettivamente senso il “sorteggio” come metodo di elezione che Grillo ha lanciato (in ovvio collegamento con l’”uno vale uno” pentastellato, che è un’altra faccia della scarsa considerazione del “merito”).
Tutto ciò ha due conseguenze: da un lato viene meno ogni incentivo allo studio, alla preparazione, alla cultura, appunto (ed è questa, credo, la causa più determinante della “fuga di cervelli” e della crisi inarrestabile della Scuola). Dall’altro le voci critiche verso il potere di turno si affievoliscono sempre di più e rischiano di scomparire.
Insomma l’Italia è lentamente ma inesorabilmente scivolata verso l’abbandono della necessità della conoscenza e della cultura. Questo, per il nostro paese, è semplicemente letale, visto che per secoli è proprio grazie a queste due qualità che gli italiani si sono affermati nel mondo e al mondo stesso hanno dato contributi importantissimi in tutti i campi, da quello artistico (che ogni anno ancora oggi porta in Italia milioni di turisti) a quello delle conoscenze e delle scoperte scientifiche.
Il declino della cultura ha subito, poi, negli ultimi anni, una potente accelerazione a causa della diffusione capillare dei cosiddetti “social media”.
Nel giugno del 2015, a pochi mesi dalla morte, in occasione di una della quarantina di lauree “Honoris Causa” ricevute in ogni angolo del mondo, Umberto Eco ebbe parole violentissime contro i vari Facebook, Twitter, Instagram ecc.
I social, disse, ”danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività: venivano subito messi a tacere. Ora hanno lo stesso diritto di parola di un Nobel. E’ l’invasione degli imbecilli”.
In quello stesso discorso, fortunatamente, Eco sosteneva che il mondo, comunque, non riuscirà a liberarsi dai libri e dai giornali cartacei.
Io aggiungerei: e dalla cultura.
Anche perché solo essa è capace di dire NO, quando, come ora, è necessario.
Luciano Arciuolo
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