La leggenda della grotta di santanesta

di Giuseppe Cestone

Sui freddi sentieri che da Bagnoli conducono al Laceno, un giovane monaco, avvolto nel suo ingombrante mantello, stava cercando un luogo tranquillo in cui fermarsi per  pregare. Un pezzo di pane e qualche tocchetto di formaggio lo avrebbero aiutato a vincere il rigore della stagione invernale. La pianura di Laceno era ormai vicina, ma il sole volgeva al tramonto, ed era necessario trovare un rifugio per la notte. Guglielmo camminava con le sue scarpe lacere sulla gelida coltre di neve appena caduta. Nel suo cuore tante speranze e il sogno di costruire un nuovo monastero. Magari proprio lì, su quella impervia montagna, dove la solitudine con Dio ha il sapore più autentico della vita eremitica.

Sfiancato dalla salita, Guglielmo decise di fare una sosta, il freddo gelido lo tormentava aveva bisogno di riscaldarsi. Accese un fuoco. Il sole era quasi tramontato passare la notte su quella neve sembrava un azzardo anche per uno spirito avventuriero come il suo. Mentre abbrustoliva un po’ di pane sul fuoco, sentì uno strano rumore tra i cespugli. Il giovane monaco, allarmato prese un tizzone dal fuoco. Sapeva che se si fosse trattato di un orso affamato non  avrebbe potuto far nulla. L’unica salvezza era arrampicarsi su un albero. Il cuore iniziò a battere sempre più forte.

All’improvviso dal cespuglio spuntarono due occhi molto luminosi. Fobo! Il suo fedele lupo! Da qualche mese non si faceva vedere in giro, pensava di averlo perso. Invece no! Con il suo eccezionale fiuto aveva seguito le sue tracce da Montevergine fino a Laceno. Guglielmo tirò un respiro di sollievo e con la voce carica di gioia gridò “Fobo!” il lupo ricambiò il saluto con un potente ululato. Ruzzolando sulla neve balzo fra le braccia di Guglielmo, il quale lo accarezzò e lo strinse a se come un fratello. Da buoni amici divisero il misero pasto e si scaldarono intorno al fuoco. Il sole era ormai tramontato e il freddo si faceva sentire. Per evitare di addormentarsi Guglielmo pregava e meditava davanti al fuoco. Nel silenzio della notte, il lupo, il monaco e la luna disegnavano una cornice straordinariamente magica.

All’improvviso Fobo balzò in piedi, appuntì le orecchie, fiutò l’aria e si mise ad abbaiare! Guglielmo preoccupato scrutò il buio del bosco, non c’era alcun rumore.

Disse “Fobo, cosa ti prende?”

Il lupo abbaiò più forte e si mise a correre nel cuore del Bosco. Guglielmo afferrò un tizzone dal fuoco e lo seguì .Fobo correva troppo veloce e il giovane monaco non riusciva a reggere il passo. Rimasto indietro scrutò sulla neve fresca le tracce del lupo, le seguì per qualche chilometro. Finche giunse all’ingresso di una caverna. Dal ventre di quella spelonca arrivava una luce fioca. Guglielmo entrò con passo felpato e timidamente domandò “c’è qualcuno?”

“Chi è là?” rispose una voce spaventata. Guglielmo entrò e vide nella penombra del fuoco acceso al centro della caverna un uomo incappucciato.

Poi sentì una voce familiare che disse “Guglielmo! Sei tu?”

Il monaco si avvicino, fissò il suo sguardo sul volto di quell’uomo e disse “Giovanni!… non ci posso credere! Cosa ci fai qui?”.

I due si corsero incontro e si abbracciarono. Giovanni era un vecchio amico di Guglielmo, lo aveva incontrato a Ginosa nel viaggio di ritorno da Oria, quando pensava di imbarcarsi per la Terra Santa. Anche Giovanni era un monaco, originario di Matera e aveva fondato chiese e monasteri. Fu proprio lui a consigliargli di trovare un eremo in Irpinia. Grazie al suo consiglio Guglielmo fondò il monastero di Montevergine. Giovanni prese altra legna da mettere sul fuoco e subito cercò un spazio per Guglielmo nell’angusta caverna.

“Cosa ci fai qui?” chiese Guglielmo.

“ ti cercavo, ho bisogno di un rifugio perché mi sono messo nei guai!”

tanto per cambiare” gli rispose. “ che hai combinato stavolta?”

Con il viso mesto Giovanni si avvicinò all’amico e disse: “stavo restaurando la chiesa dedicata a San Pietro a Ginosa, un piccolo casale della mia città, Matera. Lo facevo nel silenzio e nella preghiera, seguendo con fedeltà la regola che ci è stata affidata. Il quella zona purtroppo non riuscivo a reperire le pietre necessarie. Una notte mi apparve in sogno San Pietro stesso il quale mi indicò in quale zona della montagna potevo reperire altre pietre adatte alla costruzione del tempio in suo onore. Ma il conte di Ginosa, Roberto – che Dio abbia misericordia di lui – mi ha imprigionato. Aveva notato che troppo spesso mi avventuravo nelle zone impervie della montagna e credette che avessi trovato un tesoro. Mi incatenò nelle segrete del suo palazzo e sotto tortura voleva che gli indicassi il luogo del tesoro. Cercai di spiegargli che il mio unico tesoro è il Vangelo, ma lui non volle credermi. Qualche settimana fa, mentre pregavo intensamente nella mia cella mi è apparso san Pietro, il quale con le chiavi alla mano mi ha liberato dai ceppi e rimesso in libertà. Sono fuggito di notte, anche se gli uomini del conte Roberto mi stanno ancora inseguendo. Ho pensato di cercare rifugio nel tuo monastero in attesa di tempi migliori”.

Guglielmo ascoltò con attenzione il racconto di Giovanni. E dopo essere stato qualche istante in silenzio eruppe con una proposta “sono partito da Montevergine, portando nel cuore il desiderio di formare nuove comunità monastiche in Irpinia… perché non fondiamo qui un nuovo monastero?” Giovanni quasi con le lacrime agli occhi, rispose “Credo che sia un’idea straordinaria!…preghiamo insieme il Signore così ci mostrerà il sentiero da percorrere.” In due giovani monaci pregarono intensamente e si addormentarono.

Nel cuore della notte la grotta si riempì di una luce bianchissima, uno strano rumore ruppe il sonno di Guglielmo e Giovanni, i quali spaventati e stupiti si guardarono negli occhi e capirono che il Signore era lì. Si misero in ginocchio e iniziarono a pregare. Apparve sulla parete della Grotta il volto del Cristo Salvatore che disse:

“Ne stes in loco isto, Johannes in orientem et Guillelmus in occidentem”

L’indicazione era Chiara, i due amici dovevano separarsi Giovanni doveva andare ad oriente e Guglielmo ad occidente! Al sorgere del sole entrambi si abbracciarono e si salutarono. Avevano trovato il loro sentiero.

Ancora oggi la grotta di Laceno custodisce il mistero di quella notte. La tradizione popolare l’ha chiamata la grotta di Santa Nesta, per le parole pronunciate dal Cristo “ne stes”.Guglielmo scese nella valle dell’ Ofanto dove fondò il monastero del Goleto. Giovanni andò sul Gargano dove ancora oggi sorge l’abbazia di Montepulsano. Le leggendarie vicende di quei monaci continuano ad essere raccontate dagli alberi che popolano i boschi del Laceno, con un po’ di coraggio è possibile ritrovare le loro tracce per percorre nuovi leggendari sentieri.

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