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È la ricerca di IPSOS per Uncem – Percezione e opinioni degli italiani sulle aree montane del Paese – a restituirci una fotografia di queste aree: il 58,2% del territorio italiano è montano, vi risiede una popolazione di 14milioni di abitanti, in oltre 4.200 Comuni. La caratteristica di montanità è stata attribuita ai comuni italiani da una specifica normativa (leggi n. 991 del 25 luglio 1952 e n. 657 del 30 luglio 1957) che individua comuni totalmente montani, comuni parzialmente montani e comuni non montani.
Da questa impostazione normativa deriva un’immagine del territorio italiano caratterizzato da ampie zone montane, in termini numerici il territorio montano in Italia è composto da: 3.546 comuni totalmente montani (84,4 per cento) e 655 comuni parzialmente montani (15,6 per cento) per un totale complessivo di 4.201 comuni. L’insieme dei comuni montani rappresenta quindi quasi il 52 per cento degli 8.101 comuni italiani.
I comuni totalmente montani tendono a disegnare l’intero arco alpino e la dorsale appenninica, mentre i comuni parzialmente montani si collocano prevalentemente a ridosso di questi. La scarsa concentrazione della popolazione sul territorio e l’elevata frammentazione degli insediamenti abitativi rappresentano due dei tratti essenziali della montagna italiana. Queste caratteristiche si associano, in molti casi, anche a fenomeni di spopolamento, invecchiamento della popolazione e marginalità economica. Nel Mezzogiorno si concentrano ben 1.530 comuni, sia totalmente che parzialmente montani (pari al 36,4 per cento del totale nazionale), primato che si conferma anche in termini di superficie montana (41,9 per cento) e di popolazione residente (40,3 per cento).
Sappiamo che in Irpinia su 118 comuni, 75 sono classificati come totalmente o parzialmente montani.
Avella, Baiano, Cassano, Castel Baronia, Castelfranci, Cervinara, Flumeri, Forino, Frigento, Lauro, Mercogliano, Montecalvo, Monteforte, Montoro, Moschiano, Mugnano, Ospedaletto, Pietrastornina, Quindici, Rotondi, Salza Irpina, San Mango sul Calore, San Martino Valle Caudina, Santa Lucia di Serino, Santo Stefano del Sole, Serino, Solofra, Sorbo Serpico e Torella dei Lombardi: sono quelli parzialmente montani.
Mentre sono totalmente montani: Andretta, Aquilonia, Ariano, Bagnoli Irpino, Bisaccia, Cairano, Calabritto, Calitri, Caposele, Carife, Casalbore, Castel Baronia, Castelvetere, Chiusano San Domenico, Conza, Greci, Guardia Lombardi, Lacedonia, Lioni, Montaguto, Montefusco, Montella, Montemarano, Monteverde, Morra De Sanctis, Nusco Quadrelle, Rocca San Felice, San Nicola Baronia, San Sossio Baronia, Santa Paolina, Sant’Angelo a Scala, Sant’Angelo dei Lombardi, Savignano, Scampitella, Senerchia, Sirignano, Summonte, Taurano, Teora, Torrioni, Trevico, Vallata, Vallesaccarda, Villanova del Battista, Volturara e Zungoli. Pur essendo visionaria e lungimirante, l’ultima legge organica sulla Montagna della Repubblica italiana – la 97 del 1994 – è rimasta purtroppo per gran parte inattuata. Oggi questo Ddl promette di definire una Strategia (Strategia nazionale per la montagna italiana – SMI) e di fornire le risorse necessarie a supportare i territori, 100 milioni all’anno, un miliardo in totale fino al 2034 e si prevede anche l’istituzione di un Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane, a decorrere dal 2025.
Ventinove gli articoli del disegno di legge che – partendo da una nuova classificazione dei Comuni montani in via di definizione – introduce una serie di provvedimenti per stimolare l’economia, migliorare i servizi e frenare lo spopolamento nelle aree montane. Tra le misure previste, sgravi fiscali per chi avvia un’impresa in montagna e ha meno di 41 anni, con un’aliquota ridotta al 15% fino a 100.000 euro di reddito. Professionisti come medici, infermieri e insegnanti riceveranno punteggi extra per i concorsi e contributi per affitto o acquisto della casa, mentre i medici del Sistema sanitario nazionale avranno un emolumento aggiuntivo fino a 20 milioni l’anno, per compensare l’isolamento di queste aree.
Le scuole di montagna riceveranno incentivi, soprattutto nei Comuni con meno di 5.000 abitanti e minoranze linguistiche, mentre per gli studenti universitari sono previste borse di studio e didattica a distanza, per attrarre giovani nelle zone a rischio spopolamento. Per sopperire alla carenza di personale nei tribunali montani, è prevista la mobilità volontaria, mentre si punta alla digitalizzazione per favorire la connessione di queste aree al resto del Paese. Per il settore agricolo e forestale, arriva un credito d’imposta del 10% per investimenti ambientali, come la tutela di pascoli e boschi, con un budget di 4 milioni di euro l’anno, per sostenere chi opera nel settore. Chi acquista o ristruttura una casa in montagna potrà accedere a crediti d’imposta sui mutui, limitati però agli immobili residenziali. Le famiglie che vivono nei piccoli Comuni montani potranno ottenere un bonus nascita o adozione, con un fondo annuo di 5 milioni. Infine, verrà istituito un Registro nazionale dei terreni agricoli silenti per favorirne il recupero produttivo.
Funzionerà? La politica dei bonus una tantum e delle agevolazioni a tempo non pare essere risolutiva, ne abbiamo avuto prova con i vari sostegni economici che in vent’anni, in Italia, non sono riusciti ad invertire il calo dei tassi di natalità. Vale più o meno lo stesso per la montagna, viverci è una scelta che va al di là degli incentivi: significa abitare un territorio fragile, entrare a far parte di comunità piccole, confrontarsi con il vuoto e contribuire affinché non resti tutto fermo e immutato, ma anche diventare parte del percorso che vuole orientare e migliorare politiche, servizi pubblici e sviluppo sostenibile nelle aree montane. Non è semplice, e probabilmente l’assistenzialismo non è la risposta. Ma confidiamo nella strategia a lungo termine.
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