Il sindaco Di Capua: grazie di averci dato questa opportunità.
“Con grande soddisfazione, siamo onorati di accogliere oggi, presso il cinema comunale, il Festival Internazionale del Cinema Neoralista “Laceno d’Oro”, nato nel 1959 e giunto ormai alla 43° edizione, con la proiezione del film “Il vizio della speranza” del regista Edoardo De Angelis”, così il sindaco di Bagnoli Irpino Teresa Di Capua alla proiezione del film nel Cinema Comunale.
“Un doveroso ringraziamento va, quindi, alla Direzione Artistica, del dott. Antonio Spagnuolo in collaborazione con Aldo Spiniello, Sergio Sozzo, Leonardo Lardieri e Maria Vittoria Pellecchia, per averci dato questa possibilità.
E’ un grande onore per noi dare oggi ospitalità a questo premio cinematografico che, finalmente, dopo i fasti di un passato ormai lontano, quest’anno si è arricchito con il Patrocinio del Comune di Bagnoli Irpino concesso dalla nostra amministrazione.
E’ un ritorno a casa, anche se per un solo giorno, anche se per una sola proiezione, che ci rende orgogliosi, dal momento che da troppo tempo questo festival mancava nella sua terra natia, quando nel 1959 due giovani brillanti come Camillo Marino,assiduo frequentatore delle nostre terre, e Giacomo D’Onofrio, grazie anche al nume di Pier Paolo Pasolini e del sindaco di allora Tommaso Aulisa ebbero l’intuizione di organizzare, nella spettacolare cornice del nostro Laceno, un festival cinematografico dedicato al neorealismo, partendo dal basso fra le classi disagiate e lavoratrici e raccontando la situazione economica, sociale e morale dell’Italia del dopoguerra.
E la scelta di Bagnoli come “casa” di questo festival neorealista non fu a caso: ricordiamo, infatti, che Bagnoli fu uno dei pochi Comuni dell’Irpinia a scegliere al referendum del giugno del 1946 la Repubblica come nuova forma di governo e ricordiamo anche l’impresa eroica del nostro concittadino colonnello Vincenzo Cione ucciso nel 1943 durante la seconda guerra mondiale.
Promosso dalla rivista “Cinemasud”, il premio era nato anche per valorizzare, dal punto di vista turistico, l’altopiano del Laceno e intendeva proporsi come un riconoscimento per le migliori opere cinematografiche ispirate al Neorealismo, un genere che ha poi ispirato i più grandi registi di Hollywood. Solo pochi giorni fa ho sentito, infatti, in televisione un’intervista al grande Martin Scorsese che ha riconosciuto, tra i suoi maestri, registi del neorealismo, come Roberto Rossellini, Luchino Visconti e Vittorio De Sica.
Della straordinaria avventura del “Laceno d’Oro” sopravvive, ancora oggi, un simbolo importante, l’Albergo al Lago, sul Laceno, oggi in fase di sistemazione, che ospitò dal 1959 sulla sua terrazza le prime edizioni del Festival e la targa dedicata a Pasolini, con artisti dello spessore di Domenico Modugno, Nanni Loy, Nino Taranto, Cesare Zavattini, Mario Monicelli, Gillo Pontecorvo, Milva, Scilla Gabel, Aurelio Fierro, Iva Zanicchi e con la proiezione di autentici capolavori del neorealismo, come “Roma città aperta”, “Paisà”, “Le Quattro Giornate di Napoli”, “Ladri di bicicletta”.
Il legame di Bagnoli al Festival “Laceno d’Oro” è testimoniato anche da uno degli ultimi film proiettati sul Laceno, “La Donnaccia” del regista Silvio Siano e girato a Cairano, laddove Camillo Marino volle che partecipasse alle riprese del film anche la banda musicale di Bagnoli.
Il “Laceno d’oro” ha rappresentato e rappresenta, dunque, ancora oggi un modello per tutti con la sua lezione di umiltà e di coerenza, di coraggio civile e di ricerca di orizzonti culturali più ampi e con quella utopia più che mai necessaria nell’Irpinia di oggi, si più ricca e libera rispetto al 1959, ma sicuramente non meno bisognosa di ideali e di speranze, di aggregazione e di progetti, oggi che si sta riaffacciando, sempre più, lo spettro dell’emigrazione giovanile e della marginalità culturale.
E proprio in considerazione dell’importanza e del legale indissolubile che esiste tra questo festival e la nostra terra, in particolare, il Laceno, ci auguriamo che questa occasione rappresenti soltanto un primo passo per un percorso e un rapporto più intenso e forte, con l’auspicio di ospitare, nuovamente, nel prossimo avvenire, l’intero Festival del Cinema sui nostri luoghi che fecero grande il “Laceno d’Oro”.
L’Irpinia, il Laceno D’Oro e il vizio di sperare che il cambiamento sia sempre possibile
Si è chiusa ieri, con una proiezione anche a Bagnoli Irpino, la quarantatreesima edizione del Festival Internazionale del Cinema del reale Laceno D’Oro
Entrare in una sala cinematografica comunale di un piccolo paese irpino, in questo periodo storico, è qualcosa di estremamente emozionante. Come ci tiene a rimarcare il regista Edoardo De Angelis, presente a Bagnoli Irpino per la proiezione del suo Il vizio della speranza, evento interno al Laceno d’Oro, stare seduti su quelle sedie “non è solo testimonianza, ma militanza“, a favore del cinema, delle tradizioni culturali italiane, del riscatto di un popolo ferito che vuole sperare ancora.
Quella chiaramente manifestata dal sindaco di Bagnoli Irpino, Teresa Di Capua, è la speranza di poter riportare nella sua terra d’origine un festival internazionale glorioso, che ha mantenuto il legame con i luoghi dell’Irpinia, ma che ormai da anni si è spostato nel capoluogo di provincia.
Quella del direttore artistico, dr. Antonio Spagnuolo, è di poter contare su una programmazione regionale, con relativo finanziamento del festival, anticipati rispetto all’autunno, in modo da poter immaginare di riportare sull’Altopiano di Laceno le proiezioni estive, magari proprio su quella terrazza che ha ospitato Pasolini, Monicelli, Loy.
La speranza del film di De Angelis, invece, sembra veramente un “vizio”, che nessuno riesce a togliersi completamente, nemmeno se si tratta di un reietto, se Dio non sa nemmeno che esiste, se vive a Castel Volturno ed aiuta una pappona eroinomane a trafficare neonati di prostitute.
La protagonista del film, Maria (il film ha un’onomastica tutta mariana, da Fatima a Virgin e non per caso), infatti, si porta dentro le ferite fisiche e morali di una bambina violentata e per un atroce destino è schiava di una matrona che gestisce i traffici illeciti di questa zona campana abbandonata, sporca, attraversata da un fiume – il Volturno – tutt’altro che salvifico, ma nonostante tutto spera e sogna la libertà.
Un cast eccezionale, cha va da Pina Turco (la protagonista) a Marina Confalone e Cristina Donadio, rende viscerale e coinvolgente il racconto di queste esistenze ai confini, ancora più ai confini di quelle dei tanto temuti migranti (che nella pellicola sono accoglienti, folkloristici, accomunati agli italiani “brava gente”), in un non luogo, che tuttavia esiste, eccome, e non è nemmeno tanto diverso da come lo si vede nel film.
Il film è grigio, nudo, violento, franco, ma anche poetico come proprio i film del neorealismo italiano sanno essere. Del resto, se si racconta l’evoluzione di un personaggio così complesso verso la riconquista di sé, non è immaginabile che il racconto sia fiabesco e, per giungere alla rottura delle acque della nascita-rinascita finale il passaggio attraverso la putrida acqua del Volturno è inevitabile. D’effetto e inaspettata la trovata finale di “meta cinema”, che ci lascia veramente credere che il bene possa trionfare.
Un plauso, infine, alla colonna sonora quasi interamente affidata ad Enzo Avitabile, che da qualche anno è la spalla destra di questo giovane talentuoso regista campano. Le parole di “Jastemma d’ammore” sono tanti fendenti sferrati con un sorriso ed una maracas nell’altra mano, a sottolineare quanto coraggio ci voglia per amare, nonostante tutto.
Insomma, dopo Indivisibili e Perez, in cui pure De Angelis aveva dato prova della sua bravura, Il vizio della speranza conferma le enormi potenzialità del cinema italiano. “Se almeno questa sala fosse aperta una volta al mese – dice un’anziana signora di Bagnoli Irpino dopo la proiezione – pure passerei il tempo facendo una cosa bella!“. Come darle torto!
Ti invitiamo a reastare in tema, essere costruttivi ed usare un linguaggio decoroso. Palazzo Tenta 39 si riserva comunque il diritto di allontanare le persone non adatte a tenere un comportamento corretto e rispettoso verso gli altri.