L’Irpinia impari da Caposele come si fa un Piano Strategico del Turismo

di Maria Fioretti (Orticalab.it)

ERNESTO DONATIELLO: «UTILE ALLARGARLO ALLA PROVINCIA PER UNA PROGRAMMAZIONE CONDIVISA».


La Giunta Comunale lo ha adottato a dicembre scorso, dentro ci sono i numeri, le analisi, i punti di forza e di debolezza di un Comune che fino al 2023 ha intenzione di impegnarsi sulla creazione di prodotti turistici e sui nuovi flussi da accogliere durante tutto l’anno. Incredibile? No, c’è voluto studio, tanto lavoro e molta passione, come ci ha spiegato il delegato al turismo Ernesto Donatiello che si occupa di progettazione e gestione dei sistemi turistici, insomma la persona giusta al posto giusto: «In termini di arrivi e presenze il trend del territorio provinciale è negativo, bisogna restituire una visione e una prospettiva chiara al settore, per farlo serve una volontà politica»

I paesi possono essere progetti, ma bisogna uscire dalla narrazione solo poetica o solo malinconica. E recuperare gli strumenti per innescare nuove esperienze. Come si fa? Ci si documenta, si pianifica, si mettono in relazione cose e persone, si esamina il presente e il futuro, si individuano le leve su cui puntare, si recupera e si tutela il patrimonio.

Non è passato molto tempo da quando – improvvisati ragionieri – abbiamo stimato in 8milioni di euro le risorse impiegate dalla Regione Campania per finanziare gli eventi in Irpinia. Riflettevamo perciò sulla possibilità di avviare – con gli stessi fondi – un processo di costruzione e sviluppo turistico, utile a creare percorsi comunicativi e di trasformazione dei luoghi, arrivando col tempo a mettere in piedi una strategia di marketing e a parlare addirittura di brand per la nostra provincia.

E’ impossibile, si penserà. Invece no, questa è solo una scusa per rifuggire la complessità e scegliere la strada più facile, quella del mordi e fuggi, per intenderci. Noi l’esempio virtuoso l’abbiamo trovato, in un piccolo comune di tremilacinquecento abitanti, nell’Alta Valle del Sele e questa è una lezione: perciò seduti comodi, occhi aperti e pensieri larghi, perché a salire in cattedra è Caposele che ci spiega come si costruisce un Piano Strategico per il turismo proprio qui, in questa terra.

Dopo tanto lavoro, studio, passione e molta condivisione, il 13 Dicembre 2019 con la Giunta Comunale numero 130 è stato adottato il “Piano Strategico del Turismo Caposele 2023”. 

Fortemente voluto da Ernesto Donatiello – delegato al turismo, smart city, agenda digitale e politiche giovanili – della squadra guidata dal Sindaco Lorenzo Melillo. Dottore in progettazione e gestione dei sistemi turistici, lavora all’interno dell’ufficio eventi del Comune di Matera. Ma insieme a lui tutta la maggioranza si è impegnata proprio per affrontare in maniera ragionata l’insieme delle azioni fondamentali per raggiungere gli obiettivi nel settore turistico. L’esigenza di non navigare a vista infatti li ha portati a redigere un progetto che descrive chiaramente obiettivi e misure che l’Amministrazione Comunale intende perseguire nei prossimi anni per Caposele.

Ce ne ha parlato proprio Ernesto Donatiello che prima di tutto ha fatto un importante lavoro di analisi dei flussi della domanda turistica su tutto il territorio irpino: in termini di arrivi e presenze il turismo in Provincia di Avellino presenta circa 87.415 arrivi di cui l’87% italiano e il 13% straniero per un totale di 170.161 presenze – dati del 2017 – tuttavia si evidenzia una forte contrazione degli arrivi e delle presenze rispetto al 2009 con un calo di quasi il 28% di presenze e del 30,3% degli arrivi. Quando si dice arrivi turistici ci si riferisce al numero ospiti – italiani e stranieri – che hanno alloggiato nelle strutture ricettive in un determinato periodo. Quando invece si parla di presenze turistiche, si fa riferimento al numero delle notti trascorse dagli ospiti all’interno delle strutture ricettive.

Il trend è negativo, quindi: «Abbiamo voluto portare avanti un’analisi ampia che non riguardasse esclusivamente Caposele, i numeri non sono aggiornati, questo perché uno dei primi problemi è sempre riuscire a reperire i dati, ci siamo riusciti attraverso la Camera di Commercio, l’Istat e un censimento all’interno del nostro comune, è stata una delle prime attività. E’ utile per avere il polso della situazione e interagire con gli operatori turistici. Le percentuali in generale non sono eccellenti, questo lo sapevamo, di contro sono positive per una realtà come Materdomini che si conferma punto di riferimento in grado di accogliere oltre un milione di pellegrini all’anno, stando alle stime dei Padri Redentoristi che hanno un sistema di monitoraggio dei flussi. Caposele invece si attesta sulle 10mila presenze all’anno, possiamo considerarlo un settore consolidato».

Mercogliano – con Montevergine – Bagnoli e Caposele sono probabilmente i tre Comuni in Irpinia che hanno una maggiore vocazione turistica: «Siamo quelli con il maggior numero di strutture ricettive e il numero più alto di presenze in provincia. Esisteva la necessità di fare un programma, da più parti se ne sentiva il bisogno e io ho sempre pensato servisse, rispetto al sistema turistico, restituire una visione e una prospettiva chiara al settore e ai cittadini di Caposele. E’ una cosa che i piccoli comuni non fanno mai, oberati dalla gestione della quotidianità, è difficile immaginare anche una programmazione di questo tipo, noi però l’abbiamo voluta in ragione del fatto che la nostra economia vive molto di turismo».

E veniamo al Piano Strategico che vuole confermare i risultati, ma intende rilanciare nel medio-lungo periodo: «L’Amministrazione Melillo è sempre stata molto attenta all’organizzazione dei flussi soprattutto verso la Basilica di San Gerardo Maiella, perché la criticità principale è sempre stata quella di gestire questo numero enorme di fedeli nei periodi di massima affluenza. Non guardiamo però esclusivamente a quello che c’è, il senso è proprio provare ad allungare stagione turistica che è la vera sfida del Comune. Non la affronteremo da soli, il percorso sarà condiviso con la neonata Fondazione “Sistema Irpinia” che fa capo alla Provincia. L’obiettivo – messo nero su bianco – è quello di aumentare le presenze e destagionalizzare, costruendo altri prodotti turistici per fare in modo che si possa incrementare lungo tutto l’anno».

Caposele, dopo questo periodo di studio ed approfondimenti, sa bene quali sono le sue risorse e sa anche dove vuole arrivare: «Ci siamo concentrati su quattro prodotti turistici diversi, quello culturale-religioso e quello naturalistico, ovviamente legato al tema dell’acqua, elemento da cui non possiamo prescindere. Proviamo a puntare sull’enogastronomia attraverso i nostri tre prodotti agroalimentari tradizionali – già forti sul mercato – che sono la matassa, il muffletto e l’amaretto. Non abbiamo escluso il prodotto congressuale su cui c’è ancora da ragionare, per ora muove dalla presenza di un centro fieristico ampio che stiamo cercando di rilanciare. Abbiamo individuato i target, fatto tutte le analisi e ora siamo pronti per lavorare ad una nuova campagna di marketing».

Ma cosa pensa Ernesto Donatiello di un Piano Strategico per il turismo che tenga dentro tutta l’Irpinia? «Credo che il primo passo sia proprio costruire una programmazione condivisa, è quello che abbiamo fatto anche a Caposele, l’Amministrazione non è andata avanti da sola, ci siamo confrontati insieme agli operatori. Ci vogliono idee, proposte, progetti in comune e ci vuole una guida politica che dia questo indirizzo. Bisognerebbe fare una scelta, cominciare a studiare il fenomeno seriamente in provincia, capire quali sono i punti di forza, i punti di debolezza, le opportunità e le minacce e andare a lavorare su questi aspetti. Perché noi abbiamo delle caratteristiche e anche ben definite, solo che non puntiamo in quella direzione. Eppure una volontà esiste, la Provincia – con il presidente Biancardi – ha tracciato un cammino preciso dando vita ad un organismo che si occupa di turismo, realmente l’Ente non lo aveva mai fatto, invece oggi c’è la voglia di costruire. Vedremo come si muoverà la Fondazione, sarebbe auspicabile concentrarsi sui dati e sui numeri per immaginare gli interventi più efficaci per raggiungere degli obiettivi definiti. Certo un Piano Strategico Provinciale che coinvolga i Comuni può essere utile per dare gli indirizzi alle politiche turistiche in Irpinia».

Maria Fioretti (Orticalab.it)


Per gli eventi in Irpinia ci sono voluti 8milioni di euro in 4 anni: che cosa resta?

La Regione finanzia i progetti avanzati dai Comuni – alcuni li scarta, altri li sostiene – e appare perciò chiaro che siamo noi i primi ad avere un’idea disgregata e frammentata della nostra provincia prima e della nostra proposta turistica poi. Tra le intenzioni del Governatore De Luca c’era quella di evitare la politica dei contribuiti a pioggia, evidentemente la strategia è da rivedere a monte. Secondo voi – in questo tempo e con queste risorse – non si poteva avviare un processo di costruzione e sviluppo turistico del territorio? Vi facciamo solo un esempio, Matera…

8milioni di euro, ‘o anema ‘do priatorio! Citando Così parlò Bellavista vi diamo notizia delle risorse investite dalla Regione Campania attraverso i fondi POC che hanno dato vita – tra il 2016 e il 2019 – a quello che si chiama Programma di eventi per la promozione turistica della Campania, la nostra cifra è riferita soltanto all’Irpinia.

Saranno certamente dei conteggi approssimativi, magari ci è sfuggito qualche milione o ci siamo persi alcune centinaia di migliaia di euro, ma è comunque utile allo scopo. Qual è lo scopo? Riflettere su questi finanziamenti e su quello che resta al territorio.

La Regione finanzia i progetti avanzati dai Comuni – alcuni li scarta, altri li sostiene – e appare perciò chiaro che siamo noi i primi ad avere un’idea disgregata e frammentata della nostra provincia prima e della nostra proposta turistica poi. Non crediamo ci sia bisogno di fare un elenco della miriade di eventi che si alternano, per grandi linee si tratta di sagre, festival, rassegne di cultura contemporanea, momenti legati alla tradizione – tipo i Carnevali – e straordinarie degustazioni di vini in tutti i paesi. Sappiamo anche che tra le intenzioni del Governatore Vincenzo De Luca c’era quella di evitare la politica dei contribuiti a pioggia, evidentemente la strategia è da rivedere a monte.

Pensiamoci: il turismo è la più potente industria mondiale – seconda solo a quella delle armi – smuove ogni anno un miliardo di persone e l’Italia è cresciuta tantissimo come meta di turisti stranieri, quello che si cerca è sempre più la diversità, l’esperienza lontana, immersiva, a contatto con la vita delle comunità. Ma questi flussi bisogna generarli e per farlo bisogna immaginare un progetto: secondo voi con 8milioni di euro in quattro anni ci si poteva riuscire? Intendiamo a fare un’analisi seria di quello che esiste, a capire chi siamo e dove vogliamo andare, a pagare dei professionisti in grado di avviare un processo di costruzione e sviluppo turistico, a creare percorsi comunicativi e di trasformazione dei luoghi e solo dopo arrivare a ragionare di marketing e di brand. Probabilmente si, ma avrebbe significato fermarsi per un tempo lungo a ragionare e selezionare.

Eppure non è impossibile. Vi ricordate del Festival delle Città Narranti a Maratea? Un riassunto lo trovate qui, intanto è lì che abbiamo imparato che per raccontarsi serve un’identità, ma noi non ce l’abbiamo. Facciamo un esempio per capire di cosa stiamo parlando: Matera Capitale della Cultura 2019.

Ce l’hanno raccontata il Direttore della Fondazione Paolo Verri e Raffaella Pontrandolfi – responsabile della Comunicazione Digitale – nel capoluogo lucano sono arrivati 48milioni di euro, la popolazione è aumentata del 7% – anche perché il resto della Basilicata si sta spopolando e soffre una mancanza di servizi – e il PIL è aumentato del 23% con due milioni di euro di tasse di soggiorno da reinvestire in attività culturali e iniziative turistiche sul territorio. Ha capito che il mondo va alla ricerca di mete nuove, che i turisti si muovono rispondendo a spinte emotive e culturali. Se poi il posto è irraggiungibile, ancora meglio, perché si crea curiosità. La lontananza fa molto bene per attirare interesse, fa meno bene ai cittadini però. Matera ha messo in moto un meccanismo impressionante di modificazioni e ha raccontato proprio la storia di un luogo che esce dallo stereotipo e aumenta il cambiamento: è stata infatti la prima Capitale a spiegare all’Europa cosa stava succedendo alla città, coinvolgendo nel processo circa seimila cittadini e puntando tutto sulla co-creazione. Dai social alla produzione di spettacoli ha fatto tutto in casa, prediligendo un concetto di cultura molto popolare, mettendo in piedi una narrazione collettiva piuttosto che istituzionale, schierandosi anche contro l’Amministrazione per difendere l’operato della Fondazione. La popolazione si è sentita protagonista di qualcosa che poteva condividere, sono stati in realtà i materani a moltiplicare il valore della Capitale Europea della Cultura. Soldi spesi bene, tanta comunicazione e tanti turisti, gli spettacoli non sono stati acquistati, ma prodotti sul territorio in maniera originale, rappresentando ancora di più un’identità, ora vengono richiesti e messi in scena in Italia e nel resto del mondo. E l’impegno è andato molto oltre i Sassi, spostandosi su quei luoghi che avevano un potenziale e permettendo così alle Cave di trasformarsi in luoghi permanenti di visita e creazione. Oggi Matera vive un momento di grande passaggio, consapevole di poterlo attraversare con la forza della qualità e anche con quella delle metriche, vale a dire i numeri, perché la comunità online e offline è cresciuta costantemente.

Abbiamo capito anche che serve il grande evento come l’acqua nel deserto: Roma con le Olimpiadi, Torino con i Giochi Invernali e le celebrazioni per l’Unità d’Italia, Milano con Expo 2015, però servono soprattutto città che sappiano rendersi protagoniste di quei grandi eventi che sono acceleratori di sviluppo, capaci di determinare una diversa attenzione e quindi anche una diversa narrazione. Matera il suo percorso lo ha cominciato nel 2014, si è caratterizzato per alti e bassi, per molte e diverse criticità, per strategie e scelte che hanno reso i membri della Fondazione, la comunità, i lavoratori e i volontari colti e preparati alla gestione del futuro della città.

Dobbiamo aprirci al mondo, perché a raccontare di noi non possiamo essere noi, serve quello sguardo alla giusta distanza, un atteggiamento propositivo capace di mischiare i luoghi e le comunità per evitare, allo stesso tempo, di autocelebrarsi e affliggersi: a rivoluzionare Matera è stato un torinese. Ma questo ce lo siamo già detti qui.

Adesso è il momento di chiedersi quali progetti abbiamo noi, in che modo possiamo evitare che gli eventi si riducano a concertoni e visitatori, soprattutto cosa può fare la Regione con le sue risorse per agevolare un percorso virtuoso che avvii una trasformazione reale e faccia bene all’Irpinia. Servono anni che dobbiamo prenderci, senza sprecare più potenzialità, né risorse e nemmeno soldi.

Maria Fioretti (Orticalab.it)

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