Memorie dal terremoto

di Gianluca Capra

Poi venne sera. I rumori del giorno si attutivano come per magia in quell’ora per me da sempre magica. I militari spegnevano i loro carri armati modello “LEOPARD” finalmente icona di vita e non di guerra. Quei ragazzi venuti da lontano e dai dialetti strani in quell’ora sembravano angeli. Montella, l’Irpinia sembrava essere divenuta porzione di Mesopotamia in quella Babele di dialetti e provenienze.

Non avevamo bisogno, in quei giorni, di una torre per sfidare il cielo e sentirci uniti. A noi bastava quella solidarietà per chiamarci popolo e sentirci parte comune di uno stesso destino. Ricordo gli uomini “formica” che dismessi i panni da carpentiere o muratore e scrollandosi da dosso la loro razione di polvere quotidiana ritornavano a casa (fortunato chi aveva ancora una casa degna di questo nome). Casa. mai come allora tale parola ebbe accezione più ampia.L’uscio di ogni sera era una serranda di garage, una porta di plastica di roulotte, il freddo ferro di un container o il profumo di legno dei prefabbricati. In mezzo a tutto questo c’eravamo noi.

Noi che eravamo radici di futuro. Noi che nell’incoscienza dell’infanzia non avevamo ancora ben chiaro i contorno di quella tragedia. Noi che tra le macerie avevamo costruito un nostro piccolo rifugio improvvisato. La nostra ” Isola che non c’è” era un angolo di giardino rivelatosi alla strada dopo che la furia distruttrice del terremoto aveva travolto case e persone.

Se gli uomini preferiscono la nota rilassante, la musica lenta per stringersi nella stretta di un abbraccio; ebbene per noi quel 23 novembre 1980 fu un rock roll travolgente che divise eppure, allo stesso tempo, ci unì nell’intento di non lasciare spazio allo sconforto….Ci sedemmo in disparte mentre il fuoco bruciava lentamente i resti di una porta in un focolare improvvisato.

Sognavamo un futuro migliore mentre la notte filtrava l’aria attraverso i rami e le foglie di un melo. Sognavamo ed eravamo felici così. Bastavamo a Noi stessi e Noi stessi, tutti insieme alla luce di quel fuoco e lo scoppettio del legno secco, eravamo già abbastanza per essere felici.

Gianluca Capra


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