Persino l’arrivo di un ospite antipatico ci spinge a guardare se il salotto di casa è a posto. All’arrivo di un figlio ci si guarda intorno e ci si chiede che mondo lo aspetta, e se abbiamo fatto il possibile per renderlo più accogliente.
“Odiami” (pubblicata nel 2010) ha compiuto trent’anni ed era uno sguardo desolato sul mondo di allora. E trent’anni dopo?
Beh, pensiamoci: per permettere al 10% della popolazione mondiale di disporre del 99% delle ricchezze, abbiamo distrutto un pianeta.
Nell’Oceano Pacifico è possibile incrociare un’isola, fatta di rifiuti di plastica, grande quanto tre volte la Francia.
Abbiamo tutti negli occhi le immagini dell’orso polare spelacchiato alla ricerca del suo ghiaccio, o del piccolo Aylan addormentato per sempre su una spiaggia turca.
Eppure negli anni ’80 ci sembrava di aver toccato il fondo. Basta pensare che, in Italia, il debito pubblico (quello che ha rubato il futuro dei nostri giovani) passò dal 58% del Prodotto Interno Lordo del 1980, al 124% del 1990 (sarebbe interessante spiegare ai giovani chi ha governato in quegli anni …).
Insomma: ai nostri figli abbiamo lasciato un mondo terribile, da incubo. E non ci può essere alibi per nessuno di noi, in questa situazione.
ODIAMI
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Figlio
se veramente
questo mondo
non dovesse cambiare
se davvero diventasse
pestilenziale e rovente
budello
non credermi
quando dirò
d’aver dato l’anima
per evitarlo.
Odiami.
Odia questa génia
di yuppies
razzisti egoisti
sacrileghi inquinatori.
Odiaci figlio
e lasciaci affogare
nel nostro rimorso.
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Luciano Arciuolo
(da Fuori dalla Rete, Maggio 2018, anno XII, n. 3)
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