Immersa nella quiete di una serata estiva, si delinea, assorta al davanzale, la silhouette di una donna: si tratta di PENELOPE, protagonista di un tempo che non è suo. Un tempo che non la comprende, a cui non sembra appartenere.
Le aspettative e i sogni disattesi, l’insoddisfazione del presente -laddove probabilmente si riflette anche il presente dello spettatore- catapultano PENELOPE in un senso di smarrimento e di immobilità, che quasi la intrappolano in un affannoso desiderio, in qualcosa di inafferrabile.
La sua figura eterea, senza epoca, viene modellata dall’immaginario di MARIA RACHELE BRANCA, ancora una volta connaturato alla memoria collettiva di piccole comunità.
La scultura, definita nella tavolozza di colori terrosi, si anima nei tocchi di turchese dello scialle che le scivola dalle spalle, quanto delle cerulee iridi del suo sguardo introspettivo.
Rapita dai suoi pensieri, infatti, PENELOPE lascia che la sigaretta le si consumi tra le dita, mentre trascorrono minuti, ore, l’intera nottata o forse l’eternità. L’attesa, dunque, ne cristallizza la visione, consegnandola alla contemporaneità: PENELOPE potrebbe esistere qui ed ora.
C’è un velo di malinconia, una pellicola sottile di solitudine che l’avviluppa, palpabile, indissolubile. Lo spettatore ne è ammaliato, pur non riuscendo, da qualsiasi prospettiva, ad incrociare il suo sguardo: anche il nostro tempo, infatti, risulta anacronistico per PENELOPE, la cui misteriosa essenza ci sfugge ancora.
Testo di Rossella Della Vecchia
PENELOPE 2021: Terracotta refrattaria patinata a freddo, 38x30x25 cm
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