Prove invalsi e docenti

di Luciano Arciuolo

Puntualissime, anche quest’anno le prove INVALSI hanno colpito. La cosa non riguarda le scuole di Bagnoli, di Nusco e di Castelfranci, ma nel Sud Italia i test sono andati male, come al solito.  In Italiano, la percentuale degli alunni che non raggiungono il minimo è del 40%, contro il 34% della media nazionale. In Matematica addirittura la metà degli studenti è insufficiente. E in Inglese la tendenza è la stessa.

Da anni verifichiamo che queste prove non fanno che riflettere la mappa del disagio sociale ed economico della nostra nazione. E se, in generale, l’Italia non se la cava bene perché, come dice benissimo Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca, la Scuola corre dietro a “miriadi di POF (Piani di Offerta Formativa) diversificati in progetti straordinari, attenti più alla socializzazione e ai tablet che ai compiti primari dell’istruzione” e insegue “il modello anglosassone, distruggendo l’unità classe e il senso di comunità”, mentre occorrerebbe “tornare alla centralità dei compiti primari dell’insegnamento all’italiana”; se la Scuola italiana, dicevo, è in questa situazione, quella del Sud paga anche la miseria della realtà in cui si trova ad operare; la povertà di strutture; la presenza di troppe famiglie che, per scelta o per necessità, sono del tutto disinteressate alla Scuola.

Ma il Ministro leghista Bussetti ha un’altra visione, delle cause e delle responsabilità di questo ritardo del Sud: è tutta colpa dei docenti meridionali, che non lavorano né bene né abbastanza. Certo, esistono docenti più o meno bravi, ma ci sono al Sud come al Nord. Comunque, secondo Bussetti, ora che abbiamo i colpevoli, tutti possono mettersi l’animo in pace.

I docenti, dicono i soloni di tutte le latitudini, lavorano poco e male: 18 ore a settimana, mentre negli altri paesi la situazione è diversa.

E, in effetti, la situazione è diversa. Rispetto ai tedeschi, infatti, un docente italiano, per tutta la carriera, guadagna praticamente la metà. Persino in Portogallo, dove il costo della vita è più basso che in Italia, un docente guadagna il 35% in più.

E quanto lavorano, i nostri docenti? E’ vero che il loro impegno è solo di 18 ore a settimana? No: le 18 ore (nelle scuole secondarie) sono solo di insegnamento. Ad esse bisogna aggiungere tante altre cose: l’aggiornamento obbligatorio (fatto in cinque o sei pomeriggi); i Consigli di Classe (uno o due pomeriggi al mese); i Collegi dei Docenti (un altro pomeriggio al mese); gli incontri periodici con le famiglie (almeno un altro pomeriggio ogni due mesi); i gruppi di lavoro per l’inclusione; gli incontri di dipartimento disciplinare (un altro pomeriggio ogni due mesi); le varie commissioni; gli scrutini; gli esami; l’alternanza scuola-lavoro; le gite (in particolare quelle di più giorni, con impegno h24 e relativa responsabilità); la preparazione delle lezioni (di pomeriggio, a casa); la correzione dei compiti in classe (idem); gli spostamenti con mezzo proprio verso le varie sedi di insegnamento …

E’ una favola, quella dell’orario dei docenti. Una favola che ha il solo effetto di danneggiare l’immagine di chi insegna, con tutte le conseguenze negative che questo comporta (o abbiamo già dimenticato le aggressioni da parte di genitori?) . Una favola: lo dico anche io che, per mestiere, rappresento spesso la loro controparte.

Tornando a noi: no; i problemi che stanno a monte dei risultati delle prove INVALSI al Sud sono altri. E andranno tutti ad aggravarsi, se dovesse passare l’autonomia differenziata delle regioni settentrionali. Per spiegarmi meglio mi viene in mente un esempio, molto indicativo: l’Istituto  che dirigo è formato da dieci scuole. Dieci scuole, in tre Comuni, che hanno, però, solo tre palestre (e due sono a Bagnoli).

E ho detto tutto …

Luciano Arciuolo

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