In ricordo del compianto e mai dimenticato Pino Preziuso pubblichiamo le annotazioni sulla sua felice infanzia trascorsa a Bagnoli, ed estratte dal suo opuscolo autobiografico “Una vita energetica”, libro finito di scrivere e stampare proprio qualche mese prima della sua dipartita.
Un aspetto importante la passione della mia vita è senz’altro per la musica, a circa 10 anni in vacanza a Bagnoli Irpino iniziai a prendere lezioni di fisarmonica dal barbiere Donato, zì Donato, che trascorreva la sua vita tra la barberia e la musica classica; faceva parte di un duo di bravissimi musicisti: Donato detto Babbalone alla chitarra e Lorenzo Ciletti sempre con il basco sul capo.
Insieme si esibivano nel bar Roma, storico locale di mio nonno Giuseppe detto lo scienziato, due volte l’anno: in estate e durante le feste natalizie, suonavano pezzi d’opera e motivi della tradizione napoletana in un bar affollato di gente, solitamente chiassosa, che in quei momenti rispettava, invece, un religioso silenzio che, da spettatore adolescente mi lasciava stupito.
Negli anni ‘61/’62 Bagnoli Irpino divenne abbastanza famoso per la creazione di una kermesse cinematografica chiamata Laceno d’Oro. A questo evento che aveva come segretario amministrativo un amico fraterno di mio padre, Gino Iuppa, valido rappresentante della politica locale, hanno partecipato registi importanti, alcuni agli inizi della carriera quali Ettore Scola e Pier Paolo Pasolini. Alla premiazione finale era legato un evento musicale sull’altopiano Laceno, un concerto di importanti cantanti come Domenico Modugno e Luigi Tenco.
Durante una breve passeggiata con quest’ultimo prima del suo concerto, mi accorsi della sua intensità sentimentale espressa meravigliosamente nei testi delle sue canzoni. Allo stesso tempo, però, si percepiva una certa fragilità e debolezza nell’affrontare la vita, che lo portò al suicidio al Festiva di Sanremo.
Con i miei genitori andavamo a Bagnoli in estate e in inverno a trovare “lo scienziato”, mio nonno, in un’Italia meno ricca ma più felice. Prima di comprare la macchina prendevamo il treno Roma-Napoli e poi usavamo la littorina Napoli-Rocchetta Sant’Antonio, che fermava in tutti i paesi delI’Irpinia. Una volta arrivati a destinazione, trovavamo una carrozzina col cavallo mandato da mio nonno, il vetturino era soprannominato asso di coppa, che ci conduceva al trotto a casa.
Ad un certo punto lasciai la fisarmonica (che fatica tenerla sulle spalle e quanto tempo per riuscire a suonare un pezzo musicale intero) e cominciai a strimpellare con la chitarra sempre sotto la guida di Donato, bastavano pochi accordi per suonare una canzone con gli amici.
D’estate a Bagnoli organizzavamo le prime feste da ballo: nel tardo pomeriggio, quando i miei uscivano, perché la sera non ci era permesso. Con i giradischi e i 45 giri, i miei amici e amiche salivano una rampa di scale che accedeva alla sala di casa mia e finalmente iniziava la festa.
A quei tempi era di moda il gioco dell’assassino, episodio di un film di successo dell’epoca. Il gioco doveva svolgersi al buio, abbassavamo tutte le serrande, era solo un modo innocente per essere à la page (alla moda), invece si alimentarono le chiacchiere in paese tanto che durante un sermone domenicale, dal pulpito arrivò un’ammonizione per questi comportamenti disinvolti e sconvenienti.
Un’altra volta sono stato ripreso dal pulpito per aver allontanato dalla vocazione i miei due amici più cari, Gennaro e Domenico. Io feci loro presente solo cosa lasciavano della vita laica: dopo pochi anni sarebbero diventati esponenti di sinistra.
Pino Preziuso (tratto dall’opuscolo autobiografico “Una vita energetica”)
(da Fuori dalla Rete, Agosto 2021, anno XV, n. 4)
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