C’è chi dice…
…che i tempi sono cambiati, che gli uomini sono cambiati e che anche il modo di pensare è cambiato. È così, certo che è così, ma in qualcosa si sta sbagliando. Soprattutto nella elaborazione di pensieri e nelle azioni, legate per lo più al giudizio che facciamo nostro dopo una notizia.
È vero anche che cambi di passo in questi anni, soprattutto per quanto riguarda la cultura dell’essere comunità, non ne sono stati fatti. Si continua a mostrare insufficienza dell’analisi politica o sociale che sia, in quella che ha fatto stravincere chi l’analisi non sa nemmeno cosa significa e va avanti come un treno ad alta velocità. Questo ci porta oggi a vedere sardine non inscatolate, che sono meno saporite di quelle di tanti anni fa, ci porta a mostrarsi indifferenti al cambio di bandiera e casacca di determinati personaggi di politica locale.
Nei piccoli paesi come il nostro poi non sempre si capisce cosa si sbaglia e dove. Anche perché, per fortuna, ci conosciamo tutti e l’errore viene subito identificato come disavventura. Ogni tanto è bene però discostarsi dalla nazione Italia per guardarsi intorno e capire come reagire. Il problema non solo è declamato poco e senza dubbio, ma per qualcuno è quasi inesistente.
Se ci vogliamo discostare per un momento dal paese Italia lo dobbiamo fare analizzando il problema principale. Qui in poche parole non si può parlare di sardine e di piazze, anche perché la piazza del nostro paese contiene veramente poche persone ed ogni giorno è distratta dal passeggio salutare di tutti.
Dobbiamo capire che il senso di queste sardine è innanzitutto lo scendere in piazza contro la politica dell’odio e chi qui la vuole combattere non ha bisogno di scendere in piazza, ma ha bisogno di dialogare. Usanza persa ormai da anni, frutto di quei tempi cambiati, ma anche del cambio di passo delle nuove generazioni. Il problema che le sardine vogliono combattere qui ha volti diversi, anzi, più che volti ha una dicitura specifica: menefreghismo, l’atto per cui si sceglie sempre meno da che parte stare. Anzi a volte si è scelto da che parte non stare. Quindi scendere in piazza non per combattere l’odio verso chi è diverso, ma combattere l’odio di chi è uguale a me, ma non ha lo stesso obiettivo. Combattere quello che se ne frega di tutto e tutti, che ogni giorno parla senza sapere, che innalza cori di nulla.
Questo potrebbe essere il senso di una discesa in massa nella piazza del paese. Paese e comunità a volte si distinguono proprio per il pensiero che ci facciamo di una notizia e di un determinato episodio. Se siamo comunità abbiamo anche il piacere di discutere, ma se siamo solo paese, abitiamo vicini, ma non siamo tenuti a sapere cosa il nostro vicino pensa di un episodio.
A questo chiaramente siamo arrivati per la poca volontà di chi ha scandito la politica locale di ritornare a fare quello per cui aveva combattuto negli anni passati. Anni che chi scrive immagina e ascolta, ma non potrà mai capire del tutto. A queste persone sarebbe buono arrivasse un invito a fare il bene del paese, ad interessarsi di nuovo, ad impegnarsi di nuovo, a mostrare sentimenti antichi che sono molto più lungimiranti di un giovane alle prime armi.
Questo senza però mettere da parte chi è giovane ed ha voglia di fare o voglia di sbagliare. Mi rivolgo soprattutto a chi ha vissuto per un pezzo di vita nei partiti, nelle case del popolo, nelle sezioni locali, ma anche chi si è avvicinato solo ascoltando. Soprattutto perché intendere la politica come partecipazione è quello che mi è stato insegnato, quello che è stato insegnato nei tempi che furono e che non saranno più.
A questo va aggiunto che se non partecipi, forse non hai nemmeno il diritto di passare e dire “se ero io”. Perché hai contribuito alla poca formazione di nuove generazioni interessate poco, anzi pochissimo ai problemi. Nuove generazioni che pensano e ragionano per sentito dire, si fidano non di quello che gli viene detto, ma di quello che gli viene messaggiato, cosa diversa dal dialogo.
L’appello dovrebbe essere chiaro a chi ha smesso i panni di cittadino attivo politicamente, per tornare alla vita comune, a chiacchierare del derby Inter-Juve, per carità importante. Eppure una volta avrebbero anche parlato di calcio, o altro, ma il pensiero cadeva sempre al paese, al portare avanti una idea, bandiera o ideale.
Quindi gli uomini sono cambiati perché sono cambiati gli umori nei confronti delle classi dirigenti, sono cambiati i partiti e soprattutto è cambiato il nostro paese. Un paese poco vivo e poco partecipato, che conta gli emigranti che aumentano ogni anno, senza porsi il motivo e senza nemmeno impegnarsi a capire.
Quindi scendiamo in piazza e facciamo anche noi una manifestazione, ma non contro l’odio ed il razzismo, non avrebbe senso in un piccolo paese come il nostro, scendiamo a far casino portando con mano i nonni e i padri che ci hanno raccontato il passato per andare verso un nuovo anno. Pensateci bene e buon anno a tutti.
Giovanni Nigro
(da Fuori dalla Rete, Dicembre 2019, anno XIII, n. 5)
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