Quando nevica sull’altopiano irpino, il sentimento ed il sapore cade dall’atmosfera negli occhi e nei cuori.
Due antropologi, Sapir e Wolff, visitando gli eskimesi negli anni ’30, impararono che quel popolo aveva una novantina di termini per definire la neve.
I fiocchi che vanno ad abbondare il Rajamagra avranno sicuramente un nome tipico che forse non rientra nemmeno nell’esperienza dei popoli dei ghiacci.
E’ qualcosa che conosce l’animo indigeno e che non vuole giustizia culturale ma chiede solamente rivelazione da parte del desiderio di chi ama davvero questa cima.
Quando nevica, la montagna ridona dignità al sogno e al suo concreto, facendo squagliare gli indugi prima che ci pensino i raggi del sole, ovvero quando si rimette in moto la speranza che ricada presto, e ritorni ancora, quel fiocco magico sulla pelle.
Antonio Cortese
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