Le cronache dei media italiani, in quest’ultima parte di autunno, parlano di un Paese ben diverso da quello che gli stessi media ci avevano propinato nella scorsa estate infinita. Nelle prime pagine di giornali e TV non campeggiano milioni di turisti e allegri bagnanti soddisfatti di godersi un clima da Caraibi, bensì frane, allagamenti, ponti che crollano a causa di colline e montagne che si sgretolano, confermando quello che scienziati ci annunciano da tempo: per salvare il Pianeta, e quei paesi più a rischio dei cambiamenti climatici come l’Italia, rimangono pochi granelli di sabbia nella clessidra che avevamo a disposizione per porre riparo. E’ ciò che ci gridano nelle piazze globali, nei Friday for Future, milioni di adolescenti nelle piazze globali.
In un’Italia senza memoria, che sommerge quotidianamente migliaia di ettari di verde con colate di cemento e montagne di rifiuti tossici e maleodoranti, è compito di noi ricercatori storici denunciare la smemoratezza colpevole, culla dell’abisso nel quale stiamo sprofondando, e dimostrare come il disastro ambientale fosse stato previsto ben prima che satelliti e computer lo annunciassero.
In questo mio saggio, illustro come un secolo fa, nella “verde Irpinia”, e a Bagnoli Irpino, fosse presente una coscienza ambientalista consapevole del selvaggio sfruttamento delle risorse forestali e del conseguente dissesto idrogeologico. Una ricerca nata casualmente, durante la mia opera di catalogazione dell’Archivio della signora Marisa Cione (fondo R. Domenico Cione e Anna Melillo) di Bagnoli Irpino, ritrovando alcune copie della prima rivista ambientalista irpina risalente a ben 105 anni fa.
Pagine ingiallite che invitavano forze sociali, istituzionali e singoli cittadini a unirsi in rete per fermare il degrado ambientale dei monti irpini, e che fan comprendere come la nostra coscienza collettiva sia colpevole della vendita dei boschi, delle acque, della propria identità e un futuro diverso in cambio di un’idea di ricchezza e di progresso che oggi cola via come il fango che frana da montagne e colline.
Pro-Montibus Avellinese, n.1 dicembre 1914
(Archivio Marisa Cione; Fondo Rodolfo Domenico Cione-Anna Melillo)
Una rivista ambientalista, di un pugno di pagine e dalla verde copertina, quella inviata ai soci, e tra questi il giovane Rodolfo Domenico Cione, che in seguito diverrà direttore didattico delle scuole San Rocco e Sindaco di Bagnoli Irpino nel secondo dopoguerra.
STATUTO SOCIALE della PRO-MONTIBUS Avellinese
(Approvato dai Soci con votazione del 26 aprile 1914)
Art. 1. — E’ istituita l’Associazione « Pro-Montibus » Avellinese con sede in Avellino.
Art. 2. — Un’ Associazione che ha per scopo il promuovere e favorire :
- a) il rimboschimento dei bacini montani nel pubblico interesse; la correzione dei torrenti e il consolidamento delle frane ;
- b) il miglioramento e 1’incremento della selvicoltura nei riguardi economici ed industriali ;
- c) il miglioramento dei pascoli, dei prati e della pastorizia in generale ;
- d) il miglioramento della coltura agraria montana ;
- e) la. protezione della, selvaggina e specialmente degli uccelli utili all’ agricoltura; la tutela e propagazione dei pesci nelle acque pubbliche;
- f) il perfezionamento e l’ incremento delle piccole industrie montane ;
- g) il miglioramento delle comunicazioni stradali e dei mezzi di trasporto;
- h) il turismo; alpinismo, le stazioni climatiche;
- i) la. conoscenza e la. tutela, delle bellezze naturali :
l) la diffusione delle buone norme igieniche; - m) qualunque altra opera, o manifestazione intesa a formare in favore dell”economia del monte una coscienza, forte operosa e gentile
Uno Statuto in cui all’Articolo 3 auspica: Art 3…le donne possono far parte dell’Associazione come anche gli Enti morali e le Istituzioni; un segnale di civiltà degli ambienti “illuminati” della nostra Provincia e assunzione di coscienza sull’importanza della partecipazione dell’universo femminile alla gestione della cosa pubblica.
In quelle poche pagine, si denunciava lo sfruttamento dei boschi irpini, l’inaridimento delle sorgenti, di pascoli abusivi, l’incuria in cui versavano le vie di comunicazione.
La stessa ferrovia, segno di avanzata di progresso e civiltà, era messa sotto accusa insieme allo Stato per l’esser stata la prima divoratrice del legno dei boschi e poi, “la via del ferro” per rapinare il verde dell’Irpinia , nell’Italia post-unitaria del sacco delle risorse naturali del Sud.
Una richiesta sensata quella dell’autore e che oggi definiremmo da “Green Economy”: -“Ferrovia e Stato colpevoli si assumino i costi del rimboschimento per far ripartire l’economia forestale”-.
Il futuro verde è nelle mani delle nuove generazioni.
Un secolo fa non c’erano i Social a spingere milioni di adolescenti nelle piazze globali per i Fryday for future, spettava alla buona volontà di “ illuminati” maestri e direttori didattici nel promuovere iniziative come la Festa degli Alberi, conducendo scolaresche a piantumare in zone incolte, sviluppando loro una coscienza verde, attraverso la manualità e la condivisione di un gesto simbolico. Quando poi lo si faceva in comunione con le amministrazioni locali più sensibili, la Festa degli Alberi si trasformava in una festa popolare , ripercorrente i riti antichissimi dell’adorazione e del ringraziamento alla Grande Madre Terra per i suoi doni.
Di questa festa ne troviamo traccia sulla Pro- Montibus Avellinese con la cronaca della IIIa edizione, il 21 novembre 1914 nei paesi irpini a vocazione “ambientalista” come Flumeri, Lacedonia, Bagnoli Irpino, S. Angelo dei Lombardi, Ariano e S. Agata di Sotto.
La cronaca della Festa degli Alberi 1914 a Bagnoli Irpino.
“-Anche il Comune di Bagnoli ha celebrato in quest’anno la simpatica Festa, ad iniziativa del valoroso insegnante signor Luigi Gatti. All’ uopo è stata scelta la romantica rupe sulla quale ergesi la chiesetta del Salvatore, in riva del laghetto Laceno nel rinomato altipiano omonimo.
Qui convennero le Scuole comunali, che completarono la piantagione di alcune centinaia di, piccoli pini.”-
Un fervore ambientalista che trovava sponda nelle istituzioni, dal patrocinatore della Festa degli Alberi, il ministro dell’Istruzione, ed eminente scienziato della lotta antimalarica, il dottor Guido Baccelli e ad Avellino nel prefetto, l’avvocato Teofilo Lozzi che sollecitò con circolari i sindaci Irpini ad aderire all’Associazione Pro-Montibus Avellinese.
Appello immediatamente raccolto da oltre 500 irpini tra i quali non solo onorevoli, consiglieri provinciali, sindaci, ma anche tanti professionisti (medici, avvocati, ingegneri) ma anche insegnanti, impiegati, guardie forestali, religiosi, ecc. Ricordiamo che tra i primi sindaci ad associarsi furono quelli di Bagnoli Irpino e Montella.
Soci che elessero come Presidente il dottor Alessandro Trotter – Prof. di Scienze e libero docente di botanica all’Università di Napoli; Vicepresidente il dott. Pietro Bucci Prof di Scienze Agrarie e l’avv Vittorino Siniscalchi del Comizio Agrario di Avellino, cassiere e responsabile della rivista omonima.
L’ambientalismo Bagnolese di un secolo fa.
Tra i nomi che elencherò, non troverete quelli di allora giovani adolescenti, poichè il grado di scolarizzazione nel nostro piccolo paese era quello che da me descritto in altri miei scritti per Fuori dalla Rete; chi poteva permettersi “ il lusso” di disquisire sull’ecologia era quel ristretto ceto intellettuale borghese e proprietario terriero presente a Bagnoli, mentre il resto dei cittadini, doveva inventarsi cosa mettere, almeno una volta al giorno, nel desco familiare.
Soci Pro Montibus Avellinese di Bagnoli Irpino all’1 dicembre 1914: Aulise Alfonso, Buccini Cav. Don. Alfonso, Parroco di Bagnoli Irpino, Ciletti Vincenzo, Cione Comm. Dott. Domenico, Cione Rodolfo Domenico, De Rogatis Ferdinando, De Rogatis Don Generoso, Di Sabato Don Giuseppe, Gatti Antonio geometra, Gatti Luigi, Juppa Alessandro, Lenzi Alberto, Lenzi Albino,Pescatore Comm. Cav. Nicola.
Purtroppo la sensibilità ambientalista fu presto sostituita dalla propaganda interventista e dal tuono dei cannoni e le ferite aperte lasciate dalla Prima Guerra Mondiale, piaghe che produssero il Fascismo e un’altra rovinosa guerra. L’Italia repubblicana del secondo dopoguerra e della Ricostruzione favorì il lavoro a tutti i costi, anche ambientali, pur di allontanare lo spettro di milioni di disoccupati nelle piazze, facile preda di populisti e nostalgici del Regime; una scelta le cui conseguenze negative emergono oggi nella loro vera dimensione. Far rinascere l’economia forestale, ponendo il legno, i prodotti dei boschi e della terra, uno stile di vita più naturale, in alternativa all’odiata società della /di plastica è possibile? Quel programma della Pro-Montibus Avellinese potrebbe ridare futuro ai paesi e ai borghi montani e favorirne il ripopolamento? I ragazzi del Friday for Future ci chiedono una risposta immediata, poiché non abbiamo più un altro secolo a disposizione.
Antonio Camuso (Archivio Storico Benedetto Petrone)
(da Fuori dalla Rete, Dicembre 2019, anno XIII, n. 5)
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