Ho trascorso gran parte delle mie serate estive seduta su un terrazzo ad aspettare che l’estate arrivasse ma soprattutto che trovasse il coraggio di andare via. Il fragore delle cene degli altri si mischiava ai revival mandati in onda dalla Rai, con la smania di assorbire in una nube l’euforia di giornate innaturali.
Mi piaceva osservare il mondo dal balcone, ma le montagne che mi ammonivano dall’alto nelle serate estive mi trasmettevano una malinconia avvinghiante. Pertanto decisi di cambiare balcone. Per me la sorte ne volle uno spazioso che mi consentiva di passeggiare durante i noiosissimi ripassi della sessione di luglio: uno sguardo distratto rivolto ai fogli riempiti con una grafia quasi stampata e l’altro alla vita oltre la ringhiera.
Quando il cielo calava il sipario sulle giornate, due vecchietti spuntavano come cavallette dal balcone di fronte. Lui si sedeva sul dondolo e lei faceva profondi respiri mentre innaffiava le piantine di cui si prendeva cura con amore quasi materno. Poi si sedevano vicini, senza parlarsi, a osservare la sera che scendeva e la vita rappresa nelle foglie di basilico.
Stasera guardo la pioggia che fa capolino sul verde delle montagne che hanno smesso di intristirmi da un po’, e percepisco la vita, proprio come quei vecchi. Alzo il naso all’insù, a sentire l’odore di un’estate che fugge e non ha fretta di tornare.
Antonia Preziuso
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